Si intitola “Stare bene” questo nuovo disco del cantautore cuneese Andrea Giraudo. Si intitola “Stare bene” proprio perché, ci racconta lui stesso nella presentazione dell’opera, la musica e il disco significano anche mezzi, viatici spirituali e fisici per ritrovare una pace e un equilibrio per il personalissimo concetto dello stare bene. Ed eccoli: sono 12 inediti e sono canzoni di un pianista di lungo corso che dalle radici americane e dai grandi classici della canzone d’autore italiana, traccia le sue linee guida per portare alla pubblica piazza il suo personalissimo modo di stare al mondo, il suo punto di vista ma anche la sua voce. E ci sono richiami al noir, al jazz, al soul, al gospel… ma anche a quel certo modo di incastonare le parole che rimandano ai miti nostrani come Conte, Capossela e quella pulizia poetica del pop leggero. Un disco sobrio che non cerca la trasgressione quanto invece la forma canonica, quella però affatto scontata che anzi, a sentir bene, si fa preziosa di soluzioni e di arrangiamenti che solo un musicista di esperienza e di mestiere sa come e dove ricercare. In rete il video di uno dei brani più radiofonici del disco: “La guarigione”.
Pop, Soul, tinte di Jazz e sfumature burlesque. Ci vedo anche del rock se per questo. Sono proprio fuori strada? Dicci la tua…
Direi che hai fatto centro perfetto! Gli stili musicai calzano sulle canzoni come i dialetti calzano sui proverbi. Se “i figli so piezz’ ‘e core” non può prescindere nella sua efficacia dal dialetto napoletano, cosi certe armonie esigono il Blues, altre il Pop e cosi via. Poi, ricordando che la musica che si crea è anche prodotta dall’assimilazione della musica ascoltata, analizzando le mie canzoni non è difficile risalire alla musica che ho divorato e che ha nutrito il mio cuore …
“Stare bene”. Che cosa rappresenta questo disco per Andrea Giraudo?
“Stare bene” è composto da dodici pezzi creati per lo più tra il 2017 e il 2018 che rappresentano i miei puntini sulle i del periodo in questione; direi che “Stare bene” è una fotografia della mia anima in quel momento. Però, siccome le canzoni “so piezz’ ‘e core” proprio come i figli anche loro, ogni giorno che passa, acquistano sempre maggiore autonomia dal “genitore” e si muovono autonomamente nel mondo e nell’immaginario della gente, mentre io continuo a “scattare nuove fotografie”, cioè nuove canzoni.
Elettronica: in questo mondo indie invaso di elettronica, tu sembri restare un purista o sbaglio?
Io un purista? Per forza! Dopo ON e OFF con l’elettronica vado in palla. Scherzi a parte, c’è un po’ di verità in questo, ma soprattutto gli strumenti acustici o elettroacustici o comunque “tradizionali” sono per me ancora un mondo pressoché inesauribile di suoni e suggestioni. Io vorrei essere ben sicuro che un mio cambio di rotta verso le “gggiovani” frontiere dell’elettronica fosse frutto dell’evoluzione di un processo creativo piuttosto che un nascondiglio mal celato di una crisi di fantasia e creatività. Ma poi, chissà? La vita è lunga e solo gli imbecilli non cambiano idea…
E poi l’America… Quanta America in questo disco! Non è così?
“IUESSEI DOVE SEI!” Io sono figlio dell’America, da sempre: cinema, musica, libri.
Da ragazzino provavo uno struggimento a volte feroce per non essere nato in America e anche oggi, avessi un anello dei desideri andrei a spasso nel tempo nel Sogno Americano. Quindi si! Tanta America, ma con un buon doppiaggio!
A chiudere: che cosa chiedi e che responsabilità affidi a questo disco, alla tua musica, al tuo suono?
A “Stare bene” affido un compito gravoso: deve legittimare il mio ambizioso sogno di far cantare la gente, nel solco della tradizione cantautorale inaugurata dai mostri sacri a cui inevitabilmente ci si volge all’apparire di una chitarra e un focolare. Le armonie del disco sono intriganti ma non ostiche, le melodie dei ritornelli sono facili e “appiccichine”, il tono generale è volutamente leggero, a tratti scherzoso, soprattutto quando si accosta ai testi più seri e impegnativi.
La musica deve essere strumento di benessere o quanto meno lenitivo di questo stress che pare invincibile. La mia musica è il mio “social” e i miei concerti sono la condivisione reale, momenti di aggregazione per favorire contatti umani veri. La mia musica è una metafora neanche troppo velata di un buon consiglio di vita: impariamo a sdrammatizzare, a stemperare un po’ la tensione e soprattutto ricordiamo che chi si prende troppo sul serio… non è serio!