Parlare di vero disco cantautorale per me significa restituire alla forma canzone l’essenza nuda e cruda della parola. Dunque il suono lasciato libero di essere vero com’è vero dallo strumento che lo mette al mondo, e le parole cesellate con mestiere artigiano in ogni singola lettera, giocando bene con l’equilibrio estetico del suono che producono le sillabe e le rime o assonanze a seconda dei casi. Non meno importanti, anzi protagonisti, i significati.
Andrea Andrillo è un artigiano in tal senso, sardo di radici e di vita, e questo bellissimo disco dal titolo “Uomini, bestie ed eroi” rilancia in scena il peso della parola per un cantautore che, come in questo caso, torna ad aggrapparsi forte alla classica scuola di genere nonostante il trend di oggi che vuole il cantautore impegnato in derive elettroniche con liriche spesso scarne di peso poetico, ma dirette per la massa pontifica del pubblico. Andrillo per la RadiciMusic firma un disco di messaggi umani e spirituali, l’incontro e la saggezza, l’osservazione e l’analisi. Spesso solo di chitarra e voce, spesso con questa timbrica che ai nostalgici rimanda inevitabilmente alle sottili armonie vocali di Ivan Graziani (solo d’impatto s’intenda) ma che nella forma punta dritta al cuore con canzoni intense, intime e per niente scontate.
Splendida “Irene” che si impone su tutta la tracklist con la semplicità e la naturalezza di questo mood sognante, sospeso, di viaggio. Segnaliamo il nuovo singolo lanciato da poco con il video ufficiale “Forse sognare”, primo estratto di una colonna sonora firmata dal nostro per il film di Giovanni Coda dal titolo “Mark’s Diary”. Bellissime sensazioni. Un ascolto da fare con attenzione come attenzione merita l’intervista che segue.
La canzone d’autore oggi ha subito un grosso declino, estetico e culturale. Un disco come il tuo sembra venir fuori da un passato ormai remoto. Sei d’accordo? E secondo te per quale motivo?
Sono parzialmente d’accordo sul fatto che la canzone d’autore abbia subito un grosso declino. Ciò che manca completamente non sono gli artisti, perché quelli ci sono, te lo assicuro. Uno va a sentire Leo Gallato, Chiara Effe, Ivan Segreto, Demis Posadinu, che sono i primi che mi vengono in mente, e si trova davanti a dei signori autori che sono anche dei performers con i controcazzi. Non manca neppure il pubblico per la canzone d’autore… certo, non le folle oceaniche, ma chi se ne frega. Uno spettatore attento non lo scambi con cento distratti. Ciò che invece è esploso completamente è il mercato, che sarà pure stato uno schifo il “business”, ma c’era spazio per poter tirare su due soldi e pagare le registrazioni, avere un ufficio stampa decente; per i più fortunati o i più bravi, arrivavano anche i passaggi per radio, la tv… Però un lato positivo, in questo sfacelo contemporaneo, io lo rilevo volentieri: la possibilità di azzardare, di andare oltre. Il mercato non c’è? E allora perché fai il piacione? Tanto non ti caga nessuno lo stesso. Quindi fai canzoni diverse, osa, sperimenta, rovescia il tavolo e riformula le regole! Piuttosto che cercare di piacere ai fantasmi, comincia a piacere a te stesso. Per tornare a me, io non faccio testo, perché l’ho sempre pensata così anche quando il mercato esisteva ancora, in un’altra vita… e io ne ero ovviamente fuori. Ma oggi più che mai, bisogna rompere gli schemi e osare. Tanto qual è il problema, che siamo dei morti di fame? Ma se volevi fare i soldi dovevi metterti a fare altro, non a fare canzoni. Se il mio disco sta viaggiando così bene, è perché è originale, perché è diverso e non cerco mai di barare col pubblico. A prescindere da tutto però, ti confesso che sono il primo a stupirmi del favore con il quale sta venendo ricevuto “Uomini, bestie ed eroi”.
Più in generale ti chiedo: secondo te, se di declino si parla, da cosa può essere causato e quali saranno possibili risvolti futuri?
Uno dei vaneggi più assurdi è stato convincere le persone che la musica dovesse “essere dappertutto”, “come un fiume che scorre” – ovviamente gratis (!) – così che alla fine tutto ha perso valore, perché se una cosa è di tutti, la tendenza è a considerarla di nessuno, priva di valore. Ma far musica non è a costo zero, anzi! Però con lo streaming, per dirne una, al musicista spetta meno di un centesimo per ogni ascolto. Per capirci, ti servono centinaia di clic sulle tue canzoni per riuscire a pagarti una (una!) colazione al bar. Certo, così, ti dicono, “puoi farti conoscere”. E intanto che tu ti fai “conoscere” e non hai di che comprare un caffè al bar, chi lucra sul tuo lavoro sommato a quello di centinaia di altri, si compra la villa al mare. Pubblico in ascolto, sostenete i vostri artisti preferiti comprando i loro dischi e andando ai loro concerti, perché nessuno può lavorare gratis. Voi non lo fareste, non per altro, perché poi che vi mangiate? Quanto al futuro, non so, non ho il dono della preveggenza se non che secondo me morti di fame siamo e morti di fame rimarremo. Con la meravigliosa opzione, come dicevo prima, di fare musica buona come fine e non solo come mezzo per arrivare al pubblico. Ballando, per così dire, sulle rovine di un mondo che non c’è più.
Tornando a parlare della canzone di Andrea Andrillo. Una voce particolare. Una scrittura molto figurativa. Eppure tu hai radici di ben altro genere o sbaglio? Una rivoluzione o cosa?
Più lavoro su me stesso e sulle mie canzoni, più sento che è importante arrivare dritti all’essenza, al centro delle cose. Poi è ovvio che non sono di primo pelo… a vent’anni avevo già una mia personalità, ma non ancora una cifra stilistica davvero matura. Anche la padronanza dei miei mezzi espressivi, sulla quale ora posso contare, è arrivata col tempo, con lo studio, con la pazienza, la disciplina. Ho smesso e ricominciato tante volte, perché dovevo suonare, dovevo scrivere, dovevo ricominciare ogni volta. Se guardo indietro, e non lo faccio praticamente mai, mi accorgo di essere cresciuto e non solo invecchiato; e di essere perfettamente inserito nel mio tempo, che è ora, non prima o dopo o chissà quando. La mia canzone è totalmente contemporanea.
Bellissima l’allusione che fai di questo tanto parlare che poi in fondo non si è detto niente…
Ti riferisci a “Irene”, un brano che parla di pace – perché “Irene”, mi hanno spiegato, vuol dire “pace”. Quindi non è una canzone dedicata ad una donna imprendibile, quella che ho scritto ispirandomi a una pagina di Calvino, ma il racconto della nostra incapacità manifesta di trovare pace dentro e fuori da noi. Mentre tutto cambia, nell’eterno gioco del mutamento, noi stiamo lì a sfuggire, sostanzialmente per paura di guardarci dentro, l’unica cosa che davvero potrebbe fare differenza per le nostre vite.
E nel suo piccolo ho trovato un bellissimo brano come “Gorizia tu sei maledetta” un po’ fuori dal discorso intrapreso per tutto il resto del disco. Ho come avuto l’impressione che questa sia una canzone scritta in un altro momento… però per carità, sono impressioni mie personali… che mi dici in merito?Ti dico che hai ragione, è un brano che risale alla Grande Guerra e che ho riarrangiato a modo mio, così come l’hai sentita: asciutta, essenziale, dolente, intensa. È stata scritta dai fanti che nell’agosto del 1916 furono mandati a prendere Gorizia agli austriaci. Una carneficina, oltre ottantamila giovani, fra i due schieramenti orribilmente massacrati. Se sorpreso a cantare questa canzone, nel 1916, rischiavi il tribunale militare e pesantissime punizioni, addirittura la fucilazione. Nel 2005 lessi su un giornale che una signora di Massa Carrara si era messa a cantare questa canzone in piazza durante una delle manifestazioni ipocrite in ricordo del Milite Ignoto. Per onorare i caduti di tutte le guerre bisognerebbe proprio evitare di farne altre di guerre, ma invece… Riempiamo i monumenti in memoria dei caduti di corone di fiori e poi tutto come prima, anzi, peggio. Bene, quella signora, cui devo gratitudine per il suo coraggio, intonò questa canzone fra la folla, e fu prontamente identificata ed espulsa dalla piazza dai carabinieri. Ancora nel 2005, una canzone del 1916! E’ stato in quel momento che ho capito che avrei dovuto cantare Gorizia, tu sei maledetta. È la ciliegina dolcissima ed avvelenata sul finale di “Uomini, bestie ed eroi”, una carezza all’ascoltatore che lascia il segno peggio di un ceffone!
ho conosciuto l’artista e la persona, la sua musica sia su CD che sul palco, ho parlato con lui alcune volte e ho capito che ha un grande cuore
ho letto questa intervista e posso garantirvi che…
è lui ed è vero al 100%
ho conosciuto l’artista e la persona, la sua musica sia su CD che sul palco
ho parlato con lui alcune volte e ho capito che ha un grande cuore
ho letto questa intervista e posso garantire che… è lui
ed è vero al 100%