– di Martina Rossato –
“La musica non proviene dalla parte cosciente dell’anima e non si indirizza al cosciente, ma la sua forza emerge dall’inconscio e agisce sull’inconscio”
Così scriveva Jung a proposito della musica. Ed è ciò che emerge anche dall’ultimo album di Amerigo Verardi, Un sogno di Maila. Si tratta di un concept album che narra il viaggio di un’anima attraverso i ricordi di una vita precedente verso la nascita di una nuova vita, in un’atmosfera onirica e ricca di reminiscenze, con tratti autobiografici. I suoni ricchi e vitali sono il mezzo per parlare di spazi infiniti e oscure profondità. A proposito di Maila l’autore ha raccontato:
“C’è un racconto che viene da molto lontano, e che fu generato da un sogno. La giovane, come tutti, era giunta da altre vite vissute. Aveva attraversato nella semioscurità il lungo corridoio del sentiero universale, quello della coscienza pura. E durante questo stupefacente passaggio era stata cullata dalle melodie e dai canti tramandati da milioni di anni, a partire dal primordiale Suono che segnò il principio della creazione suprema. I sacri mantra avrebbero accompagnato la nascita della sua nuova vita e l’avrebbero accompagnata nei pensieri, nei sentimenti e nella sua fragile e umana dolcezza. In quello stupore che la portò prima a sorprendersi, poi a vivere intensamente ogni esperienza sensoriale e terrena, infine ad arrendersi alla perfezione di un equilibrio mai considerato in quei termini. La rinascita su questo pianeta era stata ispirata da un sogno divino di bellezza e da un immenso, indefinibile sentimento di amore. E lei, bella lo era davvero. Ecco perché aveva preso il nome di Maila”.
La prima traccia è infatti proprio “Maila mantra”, che ci accompagna verso la nascita della protagonista; il concept si sviluppa poi nel corso di tutto l’album, fino alla chiusura con “Ritorno alle stelle”. Un album che tenta quindi di scavare nell’anima e metterla a nudo, con una forte influenza “induista”; il tutto attraverso sonorità che ci riportano alla mente un George Harrison in viaggio attraverso l’India o a un Syd Barrett nella sua carriera solista. L’atmosfera oniricamente lisergica ricorda parecchio anche “Julia Dream”, capolavoro dei Pink Floyd. La musica ha un potere espressivo pressoché infinito e la musica psichedelica, in particolare, ha spesso la capacità di prendere i nostri sensi e renderli più leggeri, anche quando ci sono in gioco emozioni importanti. In questo disco Verardi riesce a farci fluttuare in una storia tutt’altro che facile da raccontare, talmente universale che potrebbe sostenere il peso di tutti gli uomini. Eppure, nel farlo, riesce a farci sentire sempre leggeri, come se stessimo camminando sulle note della sua musica mano nella mano con Maila, che poi siamo tutti noi, in un Universo grandioso e pieno di “puntini luminosi” che ci indicano la via.
Settantasette minuti (da gustare tutti d’un fiato) in cui Verardi ci catapulta in uno psichedelico caleidoscopio di suoni; d’altronde psichedelico significa proprio questo: rivelatore dell’anima. La musica di Verardi è un viaggio all’interno di noi stessi e, perché no, anche attraverso la nostra parte più oscura. Maila filtra attraverso i suoi occhi sognanti un mondo che appartiene non solo a lei, ma a tutti noi. Si fa portavoce di Vita, con tutte le connessioni e le difficoltà che essa implica. Essa è un’anima che si incarna bambina e man mano trova la libertà di esprimersi e di guadagnarsi il suo posto nel mondo, arrivando però a comprendere che la pace che cerca è nella mente. Tutti i tentativi di connettersi con gli altri non fanno altro che portarla sempre più vicina a sé, alla sua essenza più profonda.
Cinque anni fa, Verardi pubblicava un altro viaggio, Hippie dixit, un percorso tortuoso per le vie del mondo, che ritrovava un ordine proprio grazie alla sua natura così composita. Il viaggio di Maila ha invece un’estensione più verticale ed introspettiva. Un’esperienza che non può essere spezzata, ma deve essere portata fino in fondo senza pause. Ognuno di noi ha il diritto-dovere di prendere il suo spazio nell’Universo, attraverso sensazioni ed emozioni e l’album è un invito a riappropriarci dello spazio e del tempo. I quindici brani che lo compongono sono accompagnati da alcuni intermezzi, ma non vi è spazio tra un pezzo e l’altro. Il CD è composto infatti da un’unica traccia e il doppio vinile non ha solchi. Un’opera senz’altro estremamente particolare, accompagnata inoltre da un libretto curato da Anastasia Luceri (per le opere grafiche), Rocco Caloro (che ne ha realizzato i disegni) e Giuseppe Schirone (per l’impaginazione).
Verardi è una continua scoperta; la sua musica non lascia mai indifferente chi la ascolta, anzi avvicina ognuno al suo proprio più profondo e inesplorato. È anche per questo che, arrivati alla fine di Un sogno di Maila, vorremmo ricominciarlo da capo, per scoprire di volta in volta dettagli che prima ci erano sfuggiti, per incontrarci un po’ di più. Non ci resta quindi che prendere la puntina del vinile e farlo girare da capo.