Blues elettrico, “animale”, suoni acidi, deserti rock ma anche qualche leggera soluzione che al pop deve molto. Un concentrato di libertà questo nuovo disco del cantautore siciliano Alessandro Alosi, artista che conosciamo da tanto grazie al progetto de Il Pan del Diavolo. Continua il suo percorso solista ed ecco “Cult”, un disco dentro cui la personalità gioca con le regole della moda indie del momento… e ci gioca giusto per dare un contentino dimostrando invece la capacità di derive tutte sue personali e riconoscibili. E si vedano qui le due featuring con Stevie Culture e Adriano Viterbini. Sono direzioni ostinate, contrarie e decisamente lontane nello spazio e nel tempo.
Un secondo disco che sembra avere più una maturità, una consapevolezza… o sbaglio?
Ciao, mi auguro di si, la mia consapevolezza durante la stesura nell’album stava nel mettere solo il necessario, o meglio l’indispensabile. Emozioni vere e canzoni che mi facessero sentire bene e coerente con me stesso mentre le suonavo. Avere la pazienza che i brani maturino e cha abbiano il tempo di parlarti sia a livello testuale che musicale è molto importante.Alcune cose sono d’istinto altre meritano un pochino di tempo.
È certo che durante l’ascolto sia il suono che la forma si fanno via via più accomodanti. Addirittura rivediamo sfumature alla De Gregori che certamente di primo acchito non avremmo mai associato a te. Cosa sta cambiando?
Intanto prima non suonavo il pianoforte quindi difficilmente mi accostavo a mondi del cantautorato più classico. Dall’altra parte invece alcune cose fanno parte del mio DNA musicale come Rino Gaetano per esempio.L’accostamento a De Gregori non me l’aspettavo ma mi fa piacere.
Belle collaborazioni in questo disco: mai per una volta sembrano davvero calzanti non solo al suono ma anche alla lirica. Come nascono?
Le collaborazioni nascono con un pò di magia, ognuna ha la sua storia, Stevie Culture per esempio l’ho conosciuto solo una settimana prima di chiudere il pezzo in studio eppure sembra scritto a quattro mani. Massaroni Pianoforti accorda i pianoforti dello studio di registrazione dove lavoro “downtownstudios” e con Adriano Viterbini ci conosciamo da molti anni, la collaborazione sarebbe
potuta arrivare in qualsiasi momento in questo caso è arrivata al momento giusto.
E questa immagine di copertina che ci rimanda alla Milano dei polizieschi? Immaginario che poi non ritroviamo nel suono… come mai?
Le illustrazioni sono di Matteo Anselmo sia dei singoli che dell’album, l’idea che la chitarra potesse trasformarsi in una pistola per esempio mi sembrava molto calzante, quasi la cover di un giallo per Cult è proprio azzeccata.
E a proposito di featuring, il “Blues animale” in fondo credo sia davvero il DNA di questo disco e di questo suono. Azzardo: sbaglio nel credere che questo disco nasce da qui?
“Blues animale” è l’ultimo pezzo che nasce per questo album mancava un pezzo rock forte nel disco io stavo lavorando su un rock n roll classico, poi Viterbini mi ha mandato questa base e nel giro di qualche giorno era perfettamente come l’ultimo pezzo di puzzle, un puzzle di musica e di belle anime.