Alix si trasferisce a Parigi in giovane età, e studia letteratura, arti visive, recitazione e danza. Vive a Montmartre in un minuscolo appartamento, alternando mille lavori, mentre esplora lo stretto legame tra musica e performance. Parigi non è una semplice casa: diventa un luogo dove si intrecciano ricerche artistiche, personali e politiche. È da questa intersezione che nascono la sua scrittura e la sua musica. La voce di Elza Soares e Cesaria Evora, il suono di Mayra Andrade e Dino D’Santiago, e il mix musicale di Lisbona lə porteranno poi nella capitale portoghese, dove la sua scrittura si impregna degli incontri fatti con artistə, collettivi queer e attivistə. Tra Lisbona e Londra, scrive canzoni in portoghese, italiano e inglese, canta nei bar e collabora con altrə artistiə.
Tra le sue influenze più importanti troviamo Stromaé, St. Vincent, Arca, Pomme, così come le cantanti popolari Rosa Balistreri e Violeta Parra e la voce di Nina Simone. Bambinə ossessionatə dai video di Britney e delle Destiny’s Child, Alix scoprirà molto più tardi che i brani degli anni 2000 con i quali si prende bene sono tutti prodotti da Timbaland.
“Garçon Raté” è il suo nuovo EP, e ne abbiamo parlato con lui.
Esiste una scena queer a Milano? Chi ne fa parte e senti di farne parte?
Mi fai una domanda molto complessa, ci sono da troppo poco tempo per conoscere bene Milano. Non so se parlerei di scena. Ci sono delle artiste e artisti queer, questo sicuramente, come LIM o Any Other, che mi piacciono un sacco e che stimo. Parigi, Lisbona e Londra, le città nelle quali ho vissuto, hanno sicuramente una scena queer complessa e diversificata. Una scena queer per me è una rete di ricerche artistiche che creano coesione e discorso tra di loro, anche con punti di vista o stili completamente diversi. Non so se a Milano ci sia una rete, io sento di far parte molto di più del contesto e della scena parigina, anche solo per il fatto che sono cresciutə lì. A Milano, non so se sento di farne parte, sto un po’ a metà per ora, per quanto conosca tuttə. Sento che a Milano vengono espresse molto di più le individualità che una scena vera e propria, o un discorso collettivo. Ma rimane una prima impressione, magari completamente sbagliata.
E qual è il problema della scena musicale italiana?
A me lo chiedete? [ride, ndr] Non penso essere la persona più sensata per rispondere, bisognerebbe chiederlo alle case discografiche, alle persone che da tanti anni che lavorano nell’industria musicale italiana, alle istituzioni… Ti posso dire una sensazione a caldo, poi è una questione di quello che uno cerca nella musica, di gusto, ma faccio fatica a trovare la mescolanza di tradizioni musicali, generi e culture che mi stimola nella musica. Bisogna scavare molto di più per trovare musica che esca dalla ricetta della musica italiana. Forse, è conformismo, almeno in superficie, non so. Artistə razzializzatə ne vedo pochissimə, artistə apertamente queer pure, alcuni temi sociali importanti non hanno uno spazio importante nella musica, e non credo sia per mancanza di questi discorsi o di questə artistə. In generale la prima impressione è che quello che arriva nel mainstream sia molto edulcorato.
Come riassumeresti ciò che è successo dalla pubblicazione del tuo primo singolo “Uranus” ad oggi?
È uno svelamento continuo del lavoro che c’è dietro la mia musica. Tutto sta diventando visibile e ascoltabile, pezzo dopo pezzo ed è un’emozione indescrivibile. “Uranus” è il primo pezzo che è uscito e rimane nel cuore delle persone, soprattutto in Italia, più passano i mesi e più crescono le persone che lo sentono emotivamente loro. In Francia comincia a succedere con “Garçon Raté“ e “Disparu”. La gente si sta appropriando emotivamente della mia musica, e non è una cosa che potevo prevedere. Non avevo la più pallida idea di quello che sarebbe successo in Italia ad un artista che arriva fuori dal nulla, da esperienze e da un paese completamente diverso… Non sapevo assolutamente che cosa aspettarmi, e dal vincere il bando di Mission Diversity, all’incontro con Giuliano Pascoe, e poi Martin Nicastro, Chiary No, Omar Gabriel Delnevo, e al lavoro che abbiamo fatto insieme, mi sento che è stato tutto velocissimo. Abbiamo girato tre video, pubblicato un album, fatto dei live, in Francia e in Italia in pochissimi mesi. Sicuramente ricordo il primo concerto a Milano, da subito ho avuto un ‘accoglienza stupenda. Quello che è cambiato è che si è accelerato tutto in modo vertiginoso, dopo due anni di stallo per via della pandemia. La cosa che mi emoziona, è che rispetto all’équipe che si è formata attorno a me, che sta metà qui a Milano e metà a Parigi, più andiamo avanti, più abbiamo voglia di continuare insieme.
Come nasce la tua collaborazione con Giuliano Pascoe?
Nasce da Jermay Michael Gabriel. Nasce da questo incontro fatto per caso, Jermay è stato una persona importantissima. Ci siamo scritti per una vicinanza di visione, per una curiosità di incontrarci, rispetto all’attività artistica che facevamo. Ci siamo conosciuti in una manifestazione a Milano, poi ho scoperto che oltre ad essere un grandissimo artista visivo fa anche musica, sono passatə in studio da lui, gli ho parlato del mio progetto. Gli ho detto che avevo fretta di trovare un produttore, che non ne potevo più di stare ferma dopo due anni di pandemia, Mi ha detto che doveva farmi conoscere Giuliano Pascoe, che è un carissimo amico suo, un produttore bravissimo e che ci saremmo trovatə. Eravamo al bar insieme e Jermay ha letteralmente stalkerato Giuliano chiamandolo trenta volte al telefono, nonostante Giuliano non potesse liberarsi quel giorno, ha insistito talmente tanto finché Giuliano ci ha raggiunti al bar dove eravamo. Da lì gli ho spiegato il mio progetto e mi ha detto subito sì. Dopo una settimana eravamo in studio.
È stato un incontro bellissimo, è stato un crescendo, dal primo giorno in studio fino alla chiusura dell’album, è stato un costante migliorare il nostro modo di collaborare, un crescendo tra di noi nell’ascolto, nella fusione di due sensibilità. L’incontro con Giuliano Pasoe è stato uno degli incontri più belli che io abbia fatto a Milano. La fiducia di Jermay e la volontà di fare incontrare due sensibilità artistiche… questo mi emoziona molto. E la fiducia che si è costruita tra me e Giuliano. Dopo un anno, mi rendo conto che Giuliano è riuscito a fare quello che solo i grandissimi produttori sanno fare, a canalizzare e a tradurre tutti i miei slanci, senza imporre mai nulla, per spingermi dove volevo andare senza sapere sempre come arrivarci. La cosa più bella è che quando ascolto l’album oggi, sento che è assolutamente mio, e so che è anche assolutamente di Giuliano. E riconoscersi così tanto in un lavoro, che è così sia mio che suo, è sicuramente quello che mi emoziona di più.
Come passerai il resto dell’estate?
Molto a lavorare, perché stiamo lavorando al seguito, “Garçon Raté” è una prima parte del lavoro, e uscirà fra qualche mese la seconda parte. Abbiamo i live in preparazione, a Parigi facciamo il primo live a settembre, e poi stiamo preparando tante cose che non posso svelare per ora. Ma devo assolutamente trovare un paio di settimane per recuperare le forze e staccare prima di ripartire per un anno molto intenso! Sono gasatissimə.