– di Clara Giacalone –
Un Alessio Bondì sopraffatto da un amore che non gli lascia tregua, sensazioni forti che gli attanagliano il cuore nero, Nivuru, e che manifesta accarezzando una chitarra con membra impotenti.
Un Alessio Bondì che si svuota e si consuma di passione, smania e brama, con la consapevolezza che è fatto così e non gli basterà
mai. Un excursus di sentimenti per un album “scuru”, che coinvolge tutti i sensi e ci accompagna, brano dopo brano, con sospiri che sospendono, una voce morbida che urla alla disillusione, rafforzata dal dialetto e dall’accento siciliano dell’autore palermitano.
E poi la chitarra che invade, percussioni e arrangiamenti che ricordano la vicina Africa e il lontano Brasile, il blues che aleggia e il funk che prorompe. Da Sfardo a Nivuru è un passo, più che un passo un Savutu, salto alto ma rischioso, leggiadro in un’atmosfera “cavura”, calda, che sembra di festa ma che ci riporta subito alla realtà, una realtà fatta di rapporti travagliati e distanti che nascono e svaniscono in un istante sul fondo di una tazzina di Café che lascia il segno.