Solo sermoni elettronici ci possono salvare. Alèm fa il suo esordio sfoderando critica intelligente ma anche moltissima ironia in un equilibrio delicato, fatta serissima che quasi si confonde con la denuncia e a tratti sembra essere buon auspicio. La tecnologia ormai non è più solamente virtuale, come inneggia il titolo di questo primo disco “Sogni virtuali”. La virtù non è più quella di volare con la fantasia ma quella di avere i piedi ben saldati a terra ancorati dentro circuiterie digitali sapientemente programmate. Meglio se sappiamo programmarle. Ma tanto alla programmazione ci pensa il sistema. Disco di rap, di trap, di pop, disco digitale ovviamente, diciamo che la bandiera è quella del nuovo movimento partigiano sonoro di questo tempo distopico. Il punk non manca, nei suoni come nella rabbia, “AK-Toio” apre le danze tra distorsioni sociali e bandiere di rivoluzioni (quel modo onomatopeico di pensare all’inciso, quasi che rimanda al Morandi di “C’era un ragazzo…”, non sembra forse un mitra scagliato contro l’ingiustizia?), lascia spazio a “Chissenefrega” e mi chiedo che ci fa in un disco simile: pop leggerissimo, di rime quasi baciate, di leggerezza da fischiettare nonostante l’ovvio rimando (sempre e politicamente scorretto) alle nuove normalità a cui in fondo faremmo meglio ad aderire (nota satirica inclusa).
E dopo il “comizio” di “Poveri” c’è di nuovo un rap che cita “No tengo dinero” dei Righeira – il denaro che manca è un centro su cui ridere molto. Non voglio passare in rassegna tutti i brani ma comunque sappiate che l’ascolto cambia faccia ad ogni giro di boa come accade ancora in “Silenzio”, il brano che vede il pop della splendida Angelae con le barre metropolitane di Ryuma (queste mi rimandano molto a certe soluzioni spesso adottate anche dal pop rock internazionale non ultimi i REM). C’è un mondo dentro questo disco che mi fa pensare che Alèm non sia banalmente tutto qui (che detta così significa molto altro). Penso che ci sia data la possibilità di assistere alla nascita di un percorso dentro cui i cliché determinano quel punto di partenza e l’evoluzione è merito solo di chi ha il genio creativo dentro. Tanti come lui? Non credo… spulciatelo come si deve questo esordio…