Con un disco simile è impossibile non parlare di spiritualità, alla stregua di gran parte della critica che ha messo gli occhi su questo, che viene riconosciuto come il quattordicesimo lavoro di Alberto Nemo. Un titolo didascalico “Io Dio No”, con una copertina che promette di essere unica per ogni copia, firmata di nuovo dalla mano del pittore Mauro Mazziero. E lo troviamo anche in vinile 33 giri. Ma detto questo Alberto Nemo ci regala 9 scritture nuove più un omaggio a Dino Campana da lui musicato e interpretato. Il taglio vocale ineguagliabile, svela ampi studi e ricerche sulle possibilità di questo strumento assai privato, a tratti ricorda le dinamiche più celebri di Stratos. Più che canzoni sarebbe giusto definirle declamazioni dal privato valore poetico, dentro strutture sonore e quadri visionari che accolgono l’istinto e le voluttà dello spirito.
Suoni grevi come grevi sono anche le tonalità di luce che sembrano provenire dal tutto. Sono istantanee, segreti nascosti, sono celebrazioni di uno spirito inquieto che è figlio di questo tempo digitale, veloce, austero… ma non è resiliente, piuttosto si fa contemplativo.
Alberto Nemo sfida la forma canzone e sfida anche un ascolto comunemente povero che si ha ormai della musica. Torna indietro nel tempo, cerca e produce musica con decise intenzioni culturali e sociali. Una sfida dicevamo, che è sicuramente un ottimo segnale di resistenza contro l’imbarbarimento che vediamo imperversare ovunque.
Io partirei da una curiosità più sociale che culturale. Vincitore a Musicultura. Non così vincente in un contenitore televisivo come The Voice. Perché secondo te?
Musicultura è un importante festival della musica d’autore, The Voice è uno spettacolo televisivo in cui ho voluto portare contenuti decisamente fuori da quello schema. In entrambe i casi è emersa una parte importante del mio essere uomo e artista.
Tra l’altro quella dimensione onirica che presentasti al talent è una tua cifra stilistica importante. Disorienta e “disturba” (in senso bello, artistico). Sbaglio? È quello che cerchi?
È la mia dimensione, lunare e spaziale più che terrestre. Di terreno ci sono le mie emozioni e l’abbraccio, a volte dolce e a volte doloroso, che cerco di ottenere con le mie sonorità.
Questo disco si attesta molto su questa dimensione, ci sono momenti molto più “terreni” nella tua carriera ma questo lavoro resta in una dimensione personale…
Giusto, in questa raccolta ci sono i miei primi brani scritti da ragazzo anche se è stato registrato recentemente. Convivono testi più narrativi insieme alle mie sonorità più astratte.
Parlaci del video di “Dissolvenze”. Questa danza particolare che penso non sia per niente casuale dentro il DNA della scrittura.
Ambra Occhipinti ha lavorato diverse volte per i miei video e ha condiviso con me l’esperienza di “Nemesi Tour”. La sua danza è la versione corporea della mia musica. Diventa essa stessa uno strumento che riceve impulsi dal suono e ne materializza il gesto. Un’azione inversa a quella degli strumenti musicali nei quali è il gesto a determinare il suono.
E poi sottolineiamo come ogni disco sia unico. Come mai questa scelta laboriosa di creare una copertina per ogni copia?
Questa è un’idea nata insieme a Mauro Mazziero, che ho conosciuto l’anno scorso nelle Marche. I dipinti dei miei ultimi due album sono suoi. Abbiamo deciso insieme di dare più valore al cd e al vinile per tutti coloro che hanno ancora il piacere di collezionare questi oggetti. Vorrei rendere pop la bellezza delle cose uniche.