Al Verde è il nome del progetto di Enrico Acciani, musicista e regista pugliese che ha da poco pubblicato il singolo dal titolo “numeri primi”, che racconta di contraddizioni quasi irrisolvibili della società attuale. Il brano è seguito da un videoclip girato interamente a Bari e che rende in modo efficace il significato profondo della tematica affrontata: la solitudine mescolata all’alienazione post-moderna. Ne abbiamo parlato con l’artista.
– di Michela Moramarco –
Il tuo nuovo singolo si intitola “numeri primi”. In questo titolo c’è uno sfondo semantico di solitudine?
Probabilmente sì. Il significato profondo è una riflessione sull’unicità che spesso porta alla solitudine. In una moltitudine di numeri normali i numeri primi sono unici quindi soli.
Collegandoci alla domanda di prima, il testo del brano è un invito a lasciar andare la frenesia. Come si può riuscire in questo intento? Secondo te la musica può essere d’aiuto?
Secondo me è importante ricordarsi che la vita dura relativamente poco e se pensassimo che la sprechiamo per “appassire” negli uffici di grandi aziende, che ci spremono per buttarci quando non andiamo più bene, forse allora ci lasceremmo andare di più o a prendere le cose con più leggerezza. La musica è chiaramente un veicolo filosofico molto importante, lo è da sempre
Il videoclip del brano vede una protagonista femminile. Come mai questa scelta?
Mi piaceva l’idea della “worker” post-moderna con una tuta operaia, aiuta a spiegare meglio i concetti di cui parlavo prima.
I quadretti in cui guarda in macchina impassibile sono la spiegazione di più contesti in cui la società lavoratrice ci obbliga ad essere. C’è anche una scena in cui dondola una carrozzina, è il simbolo di obblighi sociali a cui spesso le donne sono costrette a sottostare: spesso il retaggio culturale impone idee che costringono a perdere il libero arbitrio e ci comportiamo per riflesso incondizionato. Questo era un passaggio importante, non volevo lasciarlo andare e sprecare l’occasione della critica. Alice Leccese, la protagonista, è stata perfetta nel restituire queste sensazioni.
Come credi di collocarti all’interno del panorama musicale italiano, ora e in futuro?
Sono un cantautore non tradizionale sicuramente. Non riesco a trovarmi bene con i classici giri armonici nella composizione, devo “sporcare” molto quello che è il passaggio normale fra un accordo e l’altro. È sicuramente un R&B cantautorale che sta maturando con il procedere del mio percorso, che affonda le radici in sottogeneri particolarmente antichi, anni ‘60. Ora è un genere che in Italia sta prendendo finalmente piede dopo tanti anni di assenza. Quindi non sono il solo in questa wave e questo non può che farmi piacere.
La tua attività musicale e quella di regista sono intrecciate? Se sì, in che modo?
Cerco di districarmi quanto più abilmente fra le due cose, ma sono totalizzanti. Spesso ci rimetto fisicamente ma a me sta bene così: se non riuscissi ad esprimermi o a fare quello che mi sento e mi piace fare, soffrirei comunque, ma di qualcos’altro forse. Mi sento libero nella scrittura creativa in entrambi, con le dovute differenze che mi aiutano a capire quali sono le vere problematiche in uno o nell’altra
Chiudiamo con un invito ai tuoi ascoltatori.
Amici Al Verde come me, let’s listen to “numeri primi”!