Leone Romani è un cantautore di ventisette anni, con un’esperienza di attore nei musical teatrali alle spalle. Il teatro è una fonte continua d’ispirazione per Leone, il cui nuovo EP non per nulla si intitola “Dietro le quinte”. Fortemente influenzato dalla tradizione cantautorale italiana ma anche dalle più recenti evoluzioni indie pop, “Dietro le quinte” è un disco di cinque brani in cui voce, chitarra e pianoforte recitano il ruolo di protagonisti. Arriva a un paio d’anni di distanza dal suo album d’esordio, “Magari poi”.
In cosa consiste il tuo lavoro?
Mi occupo di finanza alternativa e sostenibile in Cassa Depositi e Prestiti, fondamentalmente aiutiamo le imprese nelle loro attività di ristrutturazione o altri investimenti. È un lavoro di squadra, siamo diversi team collegati tra loro e ci interfacciamo con differenti dipartimenti dell’istituzione. Una delle cose più belle è che ci sono molti giovani nella mia area, con voglia di fare e spirito di iniziativa. Così è stimolante per tutti.
Come sei arrivato in questa posizione e come la concili con la tua attività musicale?
Sono laureato in economia, mi sono specializzato in marketing e per questo poi ho voluto lavorare nell’ambito, passando chiaramente per precedenti esperienze lavorative che mi hanno formato, come l’ultima in Pirelli Formula 1. Sono sempre riuscito a conciliare questa mia seconda vita dopo il lavoro, è una passione molto forte… ed è soprattutto la mia seconda pelle. Bisogna sacrificare altre cose magari, perché il tempo a disposizione non è molto una volta che stacchi di lavorare alle 8. Ma penso sempre che sia questione di organizzazione, e io sono uno piuttosto preciso al riguardo. Infatti la mia attività musicale non si ferma a scrivere testi e musica. Con la mia etichetta discografica che ho fondato due anni fa (Savana Records) mi occupo anche di produzione, ideazione del progetto grafico, di comunicazione, ricerca degli spazi per i live, questioni che successivamente condivido con amici/collaboratori “esperti del settore” per una realizzazione professionale.
Pensi che la tua professione abbia qualche influenza sul tuo modo di suonare e di fare musica?
Non proprio; l’unica “influenza” eventualmente deriverebbe dall’incontro di una collega affascinante che potrebbe ispirarmi un nuovo pezzo!
Hai qualche aneddoto o storia curiosa da raccontarci legata al tuo lavoro extramusicale?
Ricordo un aperitivo aziendale che abbiamo fatto. Eravamo in un locale, un po’ formali, ma la prima cosa che ho visto era un pianoforte a muro. Dopo due bicchieri di vino mi sono seduto a suonare e ci siamo lasciati andare, abbiamo cantato fino a tarda notte. Una sera da Jerry Calà ai tempi di “Vacanze di Natale”.
Come vedi le prospettive future nel tuo ambito?
Vedo un ragazzo che si fa in quattro per realizzare i suoi progetti, quindi finché c’è grinta c’è speranza.