– di Michela Moramarco –
Aenea è un essere umano che ha deciso di esprimere la sua autenticità attraverso la musica, per riuscire a essere se stesso, comprese le contraddizioni. Aenea ha da poco pubblicato il singolo Trailer del Paradiso, un brano fortemente narrativo, nei suoni e nelle parole. Il brano è come una carezza, con suoni morbidi ma cadenzati, nel complesso gradevole. Il brano racconta implicitamente la scelta di mettere a nudo i propri pensieri per affrontare le paure e i propri sentimenti più profondi. Trailer del Paradiso è un tentativo di dare senso al dolore, come spiega l’artista. E per saperne di più, l’abbiamo intervistato.
È stato difficile raccontarsi in maniera profonda come nel brano Trailer del paradiso?
È stato difficilissimo perché ci sono emozioni difficili da raccontare anche a noi stessi, quelle che schiviamo, quelle che giudichiamo. Ecco la cosa più difficile sta nell’atto di fede e di coraggio che ti porta ad accettare che sono strabordate e quindi come tali meritano di essere celebrate.
Per me è difficile sentire Trailer del Paradiso, è doloroso anche cantarla perché non ne riesco a uscire anzi non ne posso uscire. Io vivo dentro quella canzone. Quindi sì, è difficile, pericoloso ma estremamente affascinante e necessario.
Cosa vuoi raccontare con un titolo così narrativo?
Voglio raccontare esattamente cos’è per me il sorriso di quella donna, anzi, in realtà non c’è una volontà, è quello che in quel momento mi sentivo di dirle perché è ciò che mi ispira. È più forte di me, sono meravigliosamente stregato dal vederla ridere, lei ride e io vengo trasportato in un altrove incantato. Il significato di quella frase può essere inteso anche in senso più ampio su cosa rappresenta per me questa avventura chiamata Aenea ma è un concetto secondario poiché è venuto dopo.
Parlando di processo creativo, dunque di sonorità e testo, è avvenuto in maniera impulsiva e diretta o ha richiesto molto tempo?
Il mio processo creativo è estremamente incosciente e irresponsabile, è una sorta di fiume che esonda, è fulmineo. Vado in trans, succede sempre tutto senza il mio controllo o, almeno, non mi rendo conto di nulla. Appena ho finito di scrivere Trailer del Paradiso avevo le lacrime agli occhi ma neanche me ne ero accorto lì per lì. Ogni mia canzone è urgenza di dover dire o di dover esprimere qualcosa che non riesco a contenere e non saprei come domarla, forse perché è un inizio ma comunque spero che questa cosa non cambi mai. L’arrangiamento e le sonorità invece le immagino quando le scrivo, hanno una forma emotiva ben precisa perché nella mia musica tutto deve essere fortemente empatico e coerente con l’emotività della canzone. Poi passano tra le mani del mio produttore, Matteo Gabbianelli (frontman dei kuTso, ndr), e del mio compagno d’avventura, Leopoldo Lanzoni (ex componente dei Panta, ndr), e lì inizia una ricerca intensissima e maniacale molto lunga.
Secondo te le persone sensibili sono anche quelle più creative?
Non credo sia un assioma ecco. Soprattutto perché non credo a nessun assoluto ma la sensibilità è la parte che più mi interessa in ogni essere umano. Credo che la sensibilità sia la chiave della creatività almeno per come la intendo io. Soprattutto credo sia la caratteristica più nobile di ognuno di noi. Esiste anche un tipo di creatività in qualche modo unicamente intellettuale che scelgo di mettere da parte. Cuore, passione e verità. A me interessa solo questo.
C’è un aspetto del lavoro di musicista che ti spaventa di più?
Mi spaventa il termine “lavoro”. Non mi sento un musicista, mi sento puramente un espressionista.
Cosa ci dobbiamo aspettare da te?
Di tutto, davvero di tutto. Ho sempre pensato che la coerenza non sia una virtù, amo seguire la mia natura estremamente imprevedibile e ossimorica però posso dire con assoluta certezza che sarà sempre cuore, passione e verità. Nient’altro.