Rock, Tex-Mex, gli anni ’60 e poi l’HipHop, andamenti non proprio lentissimi e un gusto per la parola che, se da un lato non impressiona ma stravolge i canoni e i suoni, i significati e gli obiettivi. Surrealismo nel termine più violento che ci sia. Pecori Greg mette da parte (per ora o per sempre) i panni di uno dei Mariposa e parte per un’avventura personale che in rete possiamo gustare immediatamente con il singolo “Ginger Bomber’s Number” e con le avventure di “My Awesome Paperotto” e le sue s-sibilanti. Un disco che non poteva essere lineare e “normale”, un bel giro di vite di personaggi e di surrealtà che il nostro Valerio Canè (in arte Pecori Greg) disegna con il libero arbitrio di una fantasia che non vuole regole. Una personale esposizione dal titolo “Merry Krishna Hare Christmas”.
Valerio Canè non è un nome da Rocker…ma perché tu vuoi fare il “Rocker”?
Perché sono appena due sillabe dal suono peculiare che identificano uno stereotipo divertente, divenuto quasi una facezia d’archetipo. Trovo simpatico pensare al Rocker come figura a un tempo iconica e iconoclastica, vetusta e sempreverde. Prova a metterti davanti allo specchio, guardarti con cipiglio e dirti: “Io sono un Rocker”. Come minimo la risposta emotiva sarà così buffa da scaldarti le orecchie e metterti a bolla per la giornata. Anche la parola “prete” consta di due sillabe, ma è diverso. M’era venuta voglia di scrivere canzoni in linguaggio Rock, ‘sicchè avevo bisogno d’un alter ego che me ne desse la licenza; non sei d’accordo su fatto che “Valerio Canè” suona poco Rock? Chiamo in causa la poetica di Adriano Celentano, “Valerio Canè” è lento, “Pecori Greg” è Rock. Perfetto,fico. E omaggia la tipica dislessia che spesso coglie un bolognese d’una certa età quando deve pronunciare nomi anglofoni. Faccenda cui sono affettuosamente legato.
Ascoltando questo singolo e scavando tra la melodie ed un testo surreale. Dicci la verità: hai citato anche POVIA?
Sissì, è citato il Povia. Il disco è disseminato di citazioni e ammiccamenti, taluni palesi talaltri più sottotraccia. Quando hai una mezzorata o poco più da perdere in cose facete puoi divertirti a scovarli.
Hai avuto bisogno di una “surrealtà” da raccontare perché la realtà non è abbastanza surreale?
Più che di bisogno parlerei di “uzzolo”, ossia il voglino, il prurito. La realtà mi pare semplicemente reale, ‘sì come i personaggi di cui Pecori racconta, che sono realmente immaginari. Sono persone che ho conosciuto senz’averle incontrate, che mandano fuori quel che hanno dentro senza particolari inibizioni e con molta vulnerabilità. Alcune storie partono da appigli autobiografici, situazioni e persone in cui mi sono imbattuto, che Pecori ha poi sviluppato secondo il suo uzzolo narrativo. Mongojet” è il giostrajo per antonomasia, il cruccio per genitori e il magnanimo patron del paese dei balocchi per gli/le adolescenti (ma anche post) che s’adunano alle giostre durante la sagra locale per dar luogo alle ormoniadi. Corteggiamenti, motorini, energy drink e cassa in quattro. “Ritiro Gormiti Usati” è la storia di un cartello. Un normale A4 bianco, che recava stampata la scritta in questione, attaccato alla porta/vetrina d’un negozio di cartoleria giocattoli (chiuso) che ho visto una trista livida domenica pomeriggio d’anni fa passeggiando nel centro d’una città toscana. Ho immaginato scherzosamente la storia del giocaro (non me ne voglia, non lo conosco, ma son certo fosse maschio).
Talaltre (ad esempio per “Lo Spaventapasseri”) sono la restituzione poetica di Pecori dell’empatia che ho sviluppato con i protagonisti, l’espressione delle sensazioni e dei sentimenti immaginari che con essi condivido. Perdona la presunzione, sono altresì convinto che tu conosca “Harley Parkinson”.
E in quali di questi personaggi ti sei nascosto? In altre parole, uno di questi racconta di te o sono tutti episodi di fantasia?
Non mi nascondo in questi personaggi, solo metto i panni del Rocker Pecori Greg, un po’ come SuperPippo o Paperinik. Poi Pecori nella sua viandanza l’incontra tutti.
Rock, Tex-Mex, gli anni ’60 e poi l’HipHop. Chi ha scelto questa direzione stilistica e perché?
Avevo l’uzzolo di ascoltare una selezione di brani Classic Rock inediti per sonorizzare il paesaggio d’un eventuale viaggio in auto attraverso plaghe differenti, perlopiù di grandi spazi e urbanità varia. ‘Sicchè ho scritto di getto, composto e arrangiato un mucchio di canzoni stilisticamente connotate dai miei ascolti contingenti favoriti. Non mi ero ancora cimentato in esperienze autorali tout court , quindi mi sono lanciato in maldestri (sono mancino) esercizi di stile, divertendomi un sacco a paciugare da musicaro, sfruttando la chiave del cliché come criterio compositivo. Il risultato è una compilation di classici immaginari del Rock, trasversale per epoche e stili, ma pur sempre fatta di classici immaginati. La finalità (condita di desiderio) è che possano ronzare sott’orecchio come tali a chi li ascolta, e ponderare le coordinate che hai individuato mi fa contento.