“Buona parte del giornalismo rock è gente che non sa scrivere, che intervista gente che non sa parlare, per gente che non sa leggere“, dichiarava il grande Frank Zappa in un’intervista del lontano 1983: parole che risuonano quanto mai attuali quando ci si ritrova a dover raccontare concerti che si traducono in atmosfere piuttosto che a parole.
Per il quinto anno di fila la splendida location romana ha infatti ospitato la rassegna “Roma Brucia”, portando su due palchi, il Nerone e il Lake stage, gran parte degli artisti romani (di nascita e d’adozione) emergenti: dall’ormai Mainstream Calcutta al motore diesel della Woodworm Francesco Motta, ormai assoldato nelle scuderie della Sugar.
La giornata conclusiva della manifestazione è quindi stato il sigillo di una kermesse che è riuscita a registrare sold out con un pubblico abbastanza trasversale che ha saputo lasciarsi incuriosire dall’eterogeneità degli artisti. In attesa dell’headliner toscano si sono susseguiti infatti sui due palchi diversi artisti di matrice diversa: dai 666 con le cover metal rock dei furono dolcissimi 883, all’esordiente e accattivante CRLN, artista marchigiana classe ’93 dai contorni indie-pop uniti al soul e all’elettronica.
Il focolaio per l’incendio che sarebbe poi scoppiato sul main stage è stato provato da Galoni, cantautore d’origine pontina ormai adottato dalla scena romana, sempre più inclusiva e protagonista del panorama nazionale.
Alle 23 e qualche minuto scatta l’ora X: le percussioni danno il ritmo per l’ingresso di Francesco Motta che per l’occasione ha radunato “all’ultimo minuto” musicisti amici e compagni di viaggio che l’hanno accompagnato nella sua carriera ormai decennale. Vedi Criminal Jokers.
Cesare Petulicchio dei Bud Spencer Blues Explosion alla batteria, Giorgio Maria Condemi (Spiritual Front, Bronson) alle chitarre, Andrea Ruggiero degli Operaja Criminale al violino, Federico Camici al basso e Leonardo Milani alle tastiere: è questa la scenografia viva e pulsante in cui l’animale da palco Motta prende vita e infiamma il pubblico. I brani de “La fine dei vent’anni”, album che con la Woodworm l’ha portato all’apice dell’indie italiano, vengono eseguiti tutti, senza sconti e con il massimo trasporto fisico e emotivo. Non mancano accenni all’album “Bestie” dei Criminal Jokers, rivisitati ma pur sempre energici che mirano a soddisfare la sete ferina del pubblico vecchio e nuovo.
Con un bis che diventa tris, il sudore e l’entusiasmo alle stelle si chiude la serata a Villa Ada. Roma stasera è bella davvero.
Francesca Ceccarelli