Per chi non conosce l’uomo dietro al progetto Gnut, il Domestico del titolo altro non è che il suo cognome; indubbiamente divertente quanto ambiguo e difficile da ricollegare al contenuto del lavoro
Claudio Domestico, nato a Napoli, ha un percorso artistico che dal 2003 fino ad oggi vanta una carriera molto intensa e piena di collaborazioni. Seppur dilatata in più di dieci anni, la gavetta dell’artista partenopeo delinea il profilo di un artista indipendente pieno di intraprendenza e spirito di iniziativa. Partecipa come chitarrista nel 2009 nella colonna sonora di Standing Army, film documentario di Enrico Parenti sulle basi NATO nel mondo, e la colonna sonora per un documentario in Malawi di Giacomo Bianchini. Nel 2010 ottiene l’interesse del pubblico francese grazie al precedente lavoro, che gli permette di poter cominciare a lavorare al disco successivo con grandi collaborazioni. Nel 2012 arriva tra i finalisti di Sanremo Giovani. L’anno scorso esce Domestico, figlio di un percorso compositivo molto intenso; peccato che la stessa intensità non venga trasmessa dal lavoro.
Domestico è un album musicalmente interessante ma con un gusto estremamente retrò, con echi ad un cantautorato italiano della vecchia guardia. Si sente molto l’eco, e lo stesso Gnut non ne fa mistero nelle sue tracce, di artisti come Gino Paoli o Francesco De Gregori. Forse anche più di un eco, un’influenza scomoda e piuttosto limitante. Influenze jazz interessanti come ne Lo spazzolino, o un sound più puramente folk come in Semplice. Il problema sta nel fatto che sia un lavoro che è sciapo e poco incisivo, diciassette minuti di album che non rimangono ma che anzi, volano senza accorgersene nemmeno. Ci sono intuizioni interessanti nei testi, alle volte dal taglio minimalista, ma che suonano comunque di già sentito e melenso.
Claudio Domestico, in arte Gnut, è un artista dal percorso interessante e complesso che gli ha permesso di sviluppare anche un innegabile talento; purtroppo in questo Domestico non riesce a trasmettere niente di significativo e sembra piuttosto un lavoro partorito frettolosamente e troppo dipendente dai propri grandi maestri.
Davide Cuccurugnani
Frettoloso mi sembra più l’approccio critico. Ma pazienza.
Giulio.