Storia di un sold out annunciato quello di Calcutta all’Affekt club di Frosinone. L’artista indie al momento più desiderato della scena musicale, arriva ad esibirsi “dopo essersi fatto scorrere la geografia sotto i piedi” di fronte il pubblico ciociaro, galvanizzato dalla traccia omonima “Frosinone”, tra le più riuscite dell’album “Mainstream” che guadagna anche un bis.
Dopo anni di militanza nei club romani e pontini, con pubblico spesso interdetto dalle sue esibizioni al limite del trash e il grottesco, Calcutta ha stupito tutti con un lavoro dalla profondità non solo testuale ma anche e soprattutto interpretativa.
Non ha la prestanza della rockstar, non il physique du rôle dell’artista dannato ma è proprio questa forse la forza del giovane di Latina che è cresciuto e lo dimostra data dopo data di fronte a centinaia di fan che cantano le sue canzoni a gran voce e con tutta la rabbia possibile, spesso quella della provincia.
Sa cantare, sa suonare e lo sa fare bene: è questo il primo appunto non di poco conto da fare a Calcutta. Con qualche piccolo ritardo dovuto all’affluenza delle persone, l’atmosfera è creata dal dj-set del famoso Gaetano, personaggio ormai di culto nell’immaginario dei fan: è proprio lui il primo sostenitore del cantante con il suo sguardo protettivo e orgoglioso si accompagna a quello di Calcutta quasi sempre basso, a volte spaesato, quasi estraniato. Ma tutto questo fa parte del personaggio, che fa dell’autoironia la propria arma vincente tanto da definirsi “band truffa” vista la durata del live che copre poco più di un’ora per via del materiale discografico che si limita a questo ultimo lavoro e a qualche traccia che Calcutta stesso “nemmeno ricorda più”.
La scaletta del concerto si apre con “Limonata” per poi conquistare subito il pubblico con “Frosinone”: l’auto-citazionismo ha sempre il suo fascino. Il dado è ormai tratto: Calcutta deve solo accennare le canzoni che il pubblico è pronto ad andargli dietro riuscendo anche a cantare interi fraseggi in totale autonomia. A scandire le pause, onestamente brevi, la traccia “Dal verme”. L’acustica perfetta tra le prime file – un po’ dispersiva nelle retrovie – crea un concerto a dir poco corale, in cui “Cosa mi manchi a fare”, “Gaetano”, “Milano”, “Cane” e “Fari” scorrono una dietro l’altra con una facilità e una presa emotiva degna di un cantautore decennale.
Il successo è dunque arrivato, Calcutta è diventato “Mainstream” come vittima o vincitore della sua stessa previsione. L’atteggiamento schivo ma solidale, i sorrisi nascosti di beffa e soddisfazione chiudono un concerto che può senza ombra di dubbio definirsi un successo per Calcutta, per la Bomba Dischi, per l’Affekt, per i fan: Gaetano l’aveva detto.
Francesca Ceccarelli