– di Giulia De Giacinto –
Lolita, all’anagrafe Ilenia Filippo, è una giovane cantautrice calabrese, con alle spalle una lunga gavetta. Dopo aver partecipato alla nona edizione di X Factor ed essere stata finalista nel 2019 di The Voice of Italy, entra a far parte del roster di All Day e pubblica il singolo omonimo Lolita. Successivamente pubblica una serie di brani che riscontrano un certo successo e che consolidano il suo immaginario artistico. Due anni dopo Lolita firma con Island Records e pubblica una personale rielaborazione del celebre brano Comprami, di Viola Valentino, seguito dal singolo Daddy italiano in collaborazione con Guè e presentato live in numerosi festival italiani (Battiti Live, Giffoni Film Festival, TezenisRadio105, RDS). Lo scorso 14 giugno è uscito su tutte le piattaforme digitali per Island Records – con distribuzione Universal Music Italia – Popstar, il suo ultimo singolo, che la vede insistere verso la direzione dell’urban, come anticipato già dai suoi due precedenti brani.
Abbiamo raggiunto Lolita proprio in Universal, a Milano, per parlare di Popstar e per approfondire alcuni aspetti del suo percorso artistico.
Il tuo nuovo singolo è un brano leggero, ma dal retrogusto amaro, cosa vuoi comunicare con questa traccia?
Mi trovo in un periodo in cui sento l’esigenza di esprimere una parte sentimentale, che prima non avevo esplorato più di tanto. Siccome venivo dalla scrittura di un brano molto pesante, in cui si avvertiva una parte emotiva malinconica, mi piaceva l’idea di farne uno po’ più leggero e divertente, che facesse passare il messaggio in maniera più fresca, ma sempre con una nota amara; non immaginando che sarebbe diventato una hit estiva.
Popstar è una canzone diversa dalle tue precedenti, in cui la malinconia si fonde alla leggerezza, creando una hit estiva con una doppia anima, che forse è un po’ il fulcro del brano. Come s’inserisce questa canzone all’interno del tuo percorso artistico e dell’immaginario che in questi anni hai creato
Penso che questo brano sia andato oltre la mia zona di comfort, sia a livello vocale che di suoni, perché a tratti riprende un’attitudine urban come lo avrebbe fatto per esempio Ariana Grande. Popstar ha dei colori che per puro caso sembravano già internazionali e che successivamente si sono ritrovati ad essere sposati nella parte visiva da un regista internazionale. Secondo me lui ha aggiunto un sapore diverso, più americano e con un’attitudine meno classica, come invece poteva aver avuto qualche altro mio brano.
Il brano ha una produzione raffinata, con sonorità barocche e urban, in cui gli strumenti ad arco incontrano l’elettronica, firmata ancora una volta da Federico Secondomè, produttore che ha lavorato a brani come CARNIVAL e STARS, presenti nell’album VULTURES 1 di Kanye West e Ty Dolla $ign: com’è stato e com’è lavorare con lui e che ricerca sonora c’è stata su questa canzone?
Io e Federico abbiamo lavorato insieme alla maggior parte dei miei brani, anche quando il mio era un progetto indipendente. Noi ci capiamo senza parlare e devo dire che ogni volta mi stupisce: tira fuori delle parti di me che neanche io so bene esprimergli in quel momento. Lui sa bene quanto mi piacciano i suoni barocchi e gli archi, ed è riuscito a farli diventare un filo conduttore di tanti miei brani. Per questa canzone volevamo dare una svolta a qualcosa che rischiava di essere troppo preminente, e secondo me il mix tra la parte urban e quella club è stata geniale. Abbiamo cercato di scrivere un brano che fosse diverso dai miei precedenti, in cui svecchiavamo tanto l’aspetto degli archi.
È uscito ieri il videoclip diretto da Edgar Esteves, che hai conosciuto durante le riprese del documentario su Kanye West: com’è nata questa collaborazione? E come mai tra tutti pensi che abbia scelto proprio te come artista per fare il suo primo video in Italia?
Ho avuto l’opportunità di conoscere Edgar, perché il mio manager Richard Santoro ha collaborato insieme a lui al documentario del disco di Kanye. Quando mi recai anche io sulle riprese ci presentarono e Richard gli fece ascoltare quelle che sarebbero state le mie uscite successive. Tutto questo senza pensare a una possibile collaborazione, non in questi termini o non così velocemente. Ma Edgar è una persona estremamente talentuosa che adora scoprire nuovi artisti e lavorare con loro, soprattutto agli albori, come ha fatto con i grandi con cui lavora adesso. Ad esempio, pochi giorni fa ha finito di girare il video di Asake con Travis Scott, e lo prese quando era poco più che emergente. Penso sia un suo modo di ridare indietro alla vita quello che ha ricevuto. Edgar, infatti, ha avuto una storia molto particolare e ad un certo punto ha avuto una svolta che l’ha fatto diventare quello che è oggi. Ha una filosofia secondo me bellissima e questo suo modo di fare lo rende una persona straordinaria. Penso che in me abbia riconosciuto la passione e la grinta, e secondo lui Popstar è un brano assolutamente credibile all’estero e di livello, quindi internazionale. Per questo credo che si sia trovato a volerlo sposare.
L’anno scorso hai firmato con Island Records (motivo per cui oggi ci troviamo qui in Universal), etichetta importante che ha scommesso sul tuo progetto: com’è stato arrivare a questo traguardo e come ci sei arrivata? che cos’è cambiato da allora e che riscontro hai avuto in quest’ultima fase del tuo percorso, anche dal pubblico?
Ho iniziato tanto tempo fa e partecipato a diversi talent, finché non ho deciso di provare a fare musica in maniera indipendente, che non si basasse sugli acceleratori di visibilità; quindi essere arrivata a firmare con tre anni di attivo al mio progetto da indipendente, Universal è stata una grande soddisfazione di per sé. Anche l’incontro con il mio manager Richard è stato importante, perché lui ha creduto fin da subito al mio progetto e ha scommesso sul fatto che potesse essere in linea con la musica che fa. Non pensavo si sarebbe realizzato così velocemente e invece siamo stati accolti benissimo, ci hanno creduto e mi hanno aiutata a dare un colore più pop e urban al mio progetto, che prima era tanto alternativo. La loro impronta si vede nelle mie canzoni e trovo che mi abbiano aiutata a venir fuori anche nella parte un po’ più diretta, e il pubblico vedo che lo sta apprezzando. Ho avuto modo anche di conoscere e di avere riscontri da quelli che prima erano i miei artisti preferiti: ora riesco ad averci un dialogo da pari e tutto questo è sicuramente bello.
Nel 2015 hai partecipato a X Factor, quello che è stato un po’ il tuo battesimo nel panorama musicale italiano. Cosa ha significato questa esperienza per te e come si è evoluta la tua musica da allora?
È stato sicuramente come fare il militare della musica. X Factor è molto più duro rispetto a The Voice, talent show al quale ho partecipato quattro anni dopo. Ti mette alla prova in tante cose, soprattutto nella capacità di trovare risposte veloci alle loro richieste. È stato un percorso molto travagliato, ma ho comunque un bellissimo ricordo. Ho fatto quell’esperienza con mio fratello. Io e Diego andammo per gioco e ci presero subito, anche se poi ci divisero; però non fu una cosa così ragionata. Non avevamo niente dietro e scrivevamo le nostre canzoni in cameretta. Facevamo musica simile a quella dei Radiohead, molto UK, suonata in inglese, e non c’entrava niente con quello che faccio adesso. Quando ci eliminarono dalla categoria “gruppi” di Fedez, Skin scelse di riportarmi in gara nel suo gruppo. Da quel momento la mia autostima artistica si consolidò e iniziai a crederci tantissimo. Con lei sono rimasta in buoni rapporti e ci sentiamo anche solo per gli auguri di natale. Sono andata a diversi suoi concerti e mi ha raccontato tanti retroscena che l’avevano portata a scegliermi. X Factor per me è stato un banco di prova; un esercizio importante per quella che poi sono diventata.
Tra i tuoi brani, spicca la canzone con Guè, artista che nel 2019 ti ha scelta in squadra con sé a The Voice. Come è nata l’idea di fare una canzone insieme?
Guè è una persona che ho nel cuore e mi piaceva l’idea di collaborare con lui, che ha creduto così tanto in me: la sua scelta di girarsi non era scontata, essendo io molto diversa dai suoi gusti e dagli artisti che ha portato avanti a The Voice. Ha deciso di mandare a casa dei talenti che erano più affini al suo mondo per tenere me in gara, e questo suo gesto mi ha legata molto a lui in termini di gratitudine. Il sogno nel cassetto era quello di proporgli un feat, e quando firmai con Universal, lui accettò e fu felice di lavorare insieme a questo progetto.
Vivi a Milano, ma la tua terra natale è la Calabria. Quanto sono importanti le radici per te e quanto sono presenti nella tua musica?
Sono molto importanti per me, perché vengo da una famiglia di musicisti. La mia infanzia è stata determinante per la mia personalità artistica: il genere che faceva mio padre era molto popolare e, fra gli altri ascolti, sono cresciuta anche con quel tipo di musica. Probabilmente tutto quel barocco deriva proprio da lì. Non a caso i brand che preferisco e che sono più simili alla mia estetica sono Versace e Dolce & Gabbana, che appartengono a quell’immaginario, che per noi è la quotidianità. Dunque le mie radici sono assolutamente presenti nella mia carriera artistica, soprattutto nella mia immagine.
Progetti futuri?
Stiamo lavorando a delle collaborazioni internazionali e useremo l’estate per cercare di chiudere il disco; il 2025 potrebbe essere l’anno giusto per farlo uscire.