– di Naomi Roccamo –
Roma, 23 aprile, Atlantico.
Cosmo ha una presunta ed evidente passione per gli incontri, forse è per questo che prova a rendere tali i suoi concerti ormai da anni.
C’è qualcosa in più del distacco palco/parterre, una quarta parete particolarmente sfondata, oserei dire.
Dall’hype di un concerto senza video e immagini, coi telefoni coperti dallo sticker di un cavallo bianco pronto a prendere il volo (temerarie e temerari con il bollino staccato pronte a riprendere tutto permettendo), l’essenza del contatto umano ritorna protagonista nei live di Marco Jacopo Bianchi; era successo fra i tendoni da circo de La prima festa dell’amore nel 2022, ma anche nel 2018 per L’amore tour, sempre in quell’Atlantico che chissà quante generazioni d’amore ha visto crescere. Si tratta forse di un patto silenzioso fra il cantante e il suo pubblico, il Qui e Ora del presente in cui ci si lascia andare, dove è richiesta una speciale permanenza tra le luci strobo e la musica, ma anche ancora più su, fin dove si può arrivare prendendo in prestito le ali dalla scenografia.
Viaggiando su un unico binario che va da La terza estate dell’amore, Sulle ali del cavallo bianco non ci si ferma davanti alle parole, tranne alla fine, quando per i beat non c’è più spazio, le luci si riaccendono e tante voci iniziano a cantare Il messaggio, come rispondendo o ripagando con la stessa moneta per lo spettacolo appena terminato.
Perché, come suggeriscono dal palco, «la festa non finisce mai».