In un turbine di emozioni e suoni, l’EP d’esordio di Miriam, “A squarciagola”, si erge come una piccola bandiera a memoria di quel certo modo di pensare alle liriche e al pop d’autore, quasi invisibili ma allo stesso tempo definiti e certi i richiami alla tradizione del cantautorato italiano, rinnovando e reinterpretando le sue radici classiche con una fresca ventata di modernità digitale. E mi riferisco molto al modo di cantare la voce, a quel modo “indie” che poi non è altro che una codifica moderna delle abitudini di dare spazio alle parole incastrandole dentro la scrittura, a volte anche forzatamente ma sempre con gusto.
Fin dal primo ascolto, ci si immerge in un viaggio attraverso le strade di Roma, dove le note del passato si intrecciano con le melodie del presente, creando un intenso intreccio di sentimenti e storie da raccontare. Miriam, con la sua voce dolce, penetrante in quei bordi che un poco lasciano cadere l’intonazione regalandoci quella malinconia vissuta, porta avanti un dialogo intimo con il pubblico, trasmettendo la sua anima e le sue esperienze attraverso la semplicità. “A squarciagola” sembra davvero essere divenuto un punto di sintesi più che un momento di esplorazione e ricerca.
Il primo brano dell’EP, “Cinema”, ci catapulta in un mondo di sogni e desideri, dove la felicità è catturata in un’istantanea cinematografica, pronta a essere proiettata sul grande schermo della vita. E le sue aperture, come accade anche altrove, ci ricordano le facili soluzioni pop anni ’80 che tanto hanno sdoganato progetti dell’indie approdato al mainstream.
Segue “Maledetta voglia”, una canzone che parla della distanza e del tempo che scorre inesorabile, portando con sé il desiderio bruciante di riabbracciare chi si ama. Con una poetica che evoca immagini di mani che si sfiorano attraverso il vento e promesse sussurrate al ritmo del cuore, Miriam tradisce una certa vena adolescenziale anche e soprattutto nella scrittura dell’inciso e nelle soluzioni liriche: questa sembra una vera hit da diario di scuola con quella dizione un poco sporca di “gl” mangiate alla napoletana maniera. Ma è con “Squarciagola” che Miriam raggiunge l’apice della sua espressione artistica, trasformando il dolore della perdita in un inno alla musica e alla vita stessa. Con una vulnerabilità disarmante, vengo traghettato dentro uno scenario metropolitano, di città e palazzine, di piogge estive, di amori consumati nelle attese sospese. E qui il suo potere lirico raggiunge momenti “alti” diversamente eguagliati nel resto del disco.
“Sto bene” e “Tu non te ne andare” completano l’EP: se la prima mi mostra un’Italia alla Masini, un vero approdo agli anni ’90 (peccato per questo ostinato lirico del titolo che un poco macchia di semplicità la scrittura), il secondo mi pare abbia la forza di farmi rivivere gli anni ’90 degli Otto Ohm e direi che questa la dice lunga sulla sua apertura mentale e artistica.
Insomma un primo disco che ha vere potenzialità di personalità e di voce. Ancora troppi cliché sulle spalle, ancora qualche ingenuità di troppo ma le premesse mi sembrano gustose e, se la breve tracklist mi regala un brano come “Squarciagola”, allora Miriam è capace di fare un salto meritato. Il mio piccolo consiglio: meno macchine digitali e più carne e più ossa. Che la vita passa da li e non dalle programmazioni.