Ci sono concerti a cui non mancare, perché sanno dare qualcosa che va oltre la musica: Any Other all’Angelo Mai è uno di questi.
– di Roberto Callipari
foto di Giorgia Bronzini –
Sabato 2 marzo siamo andati all’Angelo Mai di Roma per il concerto di Any Other, che porta finalmente sul palco il suo ultimo album, stillness, stop: you have a right to remember, uscito il 26 gennaio per 42 Records.
L’Angelo Mai è un luogo a metà fra il magico e il familiare, nella sua atmosfera quasi casalinga con le luci soffuse e l’odore della cucina che pervade tutto l’ambiente, e sin dal primo momento, quella sera, sapevamo di essere nel luogo giusto. Un disco caldo come quello di Any Other non poteva meritare un posto migliore nella Capitale per svolgersi davanti agli occhi e alle orecchie del pubblico, forse solo l’Auditorium avrebbe saputo accogliere al meglio un progetto che vive una grande necessità di essere ascoltato con tanta attenzione.
Un’attenzione non scontata, ricercata e voluta da chi si svuota di tutto mettendo le viscere sul palco, perché Any Other è questo, e dal vivo ce ne rendiamo conto una volta di più, come se non fosse bastato il racconto che ci aveva fatto lei stessa in un’intervista per l’uscita di stillness, stop: you have a right to remember (la trovi qui). Adele Altro è infatti una persona e una cantautrice caratterizzata da una grande dolcezza, umana e artistica, che si intrecciano e vivono come una cosa sola, anche davanti al pubblico della sala dell’Angelo Mai, davanti al quale si presenta con una band ampia – quattro elementi aggiunti oltre a lei, voce e autrice dell’opera -, nella quale confluisce anche Marco Giudici che notiamo subito al basso, altro grande riferimento per lei e per una parte della scena molto diversa da quella più “mainstream”, se così si può dire. Perché questo progetto e questo concerto sono ben lontani dai led e le patinature della scena itpop che abbiamo visto sui principali palchi del circuito underground italiano degli ultimi anni: un live evocativo, avvolgente, che tocca le corde dell’emotività mettendola al centro, tanto quella di Adele quanto quella degli spettatori, attratti da quella calda calamita che è la musica che arriva dagli amplificatori dell’Angelo Mai.
Momenti più raccolti, momenti più intensi, soprattutto quando Any Other torna nel suo passato, nella sua storia discografica che, anche se non sembra, è già abbastanza lontana da quella dell’Adele che andiamo ad ascoltare e raccontare oggi. È così che viviamo un personale tripudio quando parte Something, estratta da Silently. Quietly. Going Away, che in un concerto così attento e dosato ci restituisce una versione ancora diversa del progetto di 42 Records, meno ordinata e meno pulita, ma comunque intensa e diretta anche quando decide di uscire dai margini.
Esce dai margini Adele anche quando riporta sul palco, dopo un’interessante apertura, Tutto Piange, altro nuovo progetto di 42 Records. Virginia raggiunge Any Other in un momento di raccordo del live, in cui la cantautrice di Two, Geography resta sola sul palco giusto la durata di qualche brano, per restituire ancora di più la sua personale visione del mondo e della musica unicamente tramite la sua voce e la sua chitarra; Tutto Piange, in questo spazio, colora questo mondo alternandosi alla voce di Adele sulle note di un brano di Angel Olsen, riuscendo a confermare le impressioni avute durante la sua breve apertura.
Un evento vissuto, denso di emozioni e di colori, molti evidenti, molti apprezzabili solo a freddo, come quando ci torna in mente una bella frase letta su un libro e non immediatamente assorbita, che rende ancor più vero e stratificato un lavoro come stillness, stop: you have a right to remember, confermando Any Other come una delle realtà più peculiari della nostra scena, da sentire e apprezzare nella sua unicità.