Uscirà per la Kutmusic il vero esordio di Enrico Lombardi. Artista ormai di lungo corso che da tempo ha seminato qualche singolo tra inediti e qualche omaggio alla grande canzone d’autore. Ma è questo il tempo della sua verità, della sua rinascita ad una immagine e ad un suono davvero importante, unico, suo finalmente. “Tutto un casino” è il primo singolo anche ricco di un bellissimo video a corredo firmato dalla regia di Diego Mercadante. Primo singolo che esplode dentro, attorno, dinamite sociale di insofferenza ma anche resistenza pacifica al mondo che ci circonda. Trova giusto collocamento l’etichetta di manifesto politico… in senso alto del termine.
Un primo singolo che rompe le abitudini che avevamo di te. Un disco che continuerà su questo piano?
Il disco conterrà dieci tracce, credo tutte compatibili tra loro per il mood ovvero episodi diversi di un unico filo del discorso. Questa era la mia intenzione, che sembra sia stata recepita dalla cerchia ristretta di amici che hanno ascoltato il master appena uscito dallo studio. Sicuramente il primo singolo “Tutto un casino” è diverso dai miei inediti pubblicati precedentemente, che mettevano l’accento su una dimensione più cantautorale. Qui troviamo invece una verve più rock con chitarre distorte e un’attitudine ritmica più verso il punk. Non mi piace però pensarlo di rottura con ciò che ho fatto in passato, o meglio: mi piace che qualcuno in qualche modo “abituato” al mio stile sia sorpreso o almeno disatteso dall’ascolto di “Tutto un casino” e poi spero anche dalle altre canzoni dell’album, non tanto per stimolare l’eco e l’attenzione sul lavoro svolto quanto perché ritengo fondamentale per un artista mantenere la massima libertà di espressione, anche a scapito di una immagine di sé consolidata nel pubblico. Cosa che credo farebbe inorridire il marketing di una casa discografica. Però dicevo non mi piace pensare il brano come una rottura con il passato, perché tutte le mie canzoni, da “Marilyn” a “Tutto un casino”, sono momenti diversi e se vogliamo opposti per approccio, ma facenti parte di uno stesso discorso compositivo e poetico. Sento che entrambe le canzoni citate ora come esempio mi appartengono e, a parte esigenze di spettacolo che magari lasceranno fuori alcune canzoni sul live, amo tutto quello che ho pubblicato finora.
Esplosione di libertà in tutto e per tutto. Che sia questa la chiave per uscire dal pantano di omologazione?
Sentirsi liberi in ciò che si scrive e si compone credo sia la chiave per accedere ad un proprio discorso poetico, come cantautore, anche se può voler dire che questo discorso unico si “svela” all’ascoltatore a distanza di anni, magari solo dopo che è possibile una visione d’insieme di più lavori. E considerando che questo è il mio primo disco dopo quattro inediti pubblicati separatamente come singoli, la strada è ancora lunga e io ho in mente di prendere diverse deviazioni dal percorso principale, perché sono curioso di vivere paesaggi sconosciuti e scattare fotografie per me memorabili. L’omologazione accade quando probabilmente c’è un’intenzione premeditata nel creare un sound in linea con un segmento di mercato, una nicchia, un settore particolare. Quello che ho fatto nel disco sicuramente rientrerà in una nicchia di ascolto, ma io l’ho vissuto non come una premeditata intenzione di essere “rock” bensì come una necessaria espressione artistica, spontanea nell’attitudine ma certamente maturata negli ascolti che ho fatto nella vita. Che includono Capossela e i Queens of the Stone age, Norah Jones e Iggy Pop. Il miscuglio, il meticcio: credo che nell’arte essere bastardi sia un vantaggio genetico rispetto alla razza pura (ideologicamente lo penso in qualsiasi ambito), perché è ciò che può dare vita a nuove voci, alla novità, a svelare nuovi percorsi.
Ispirazioni e linee guida: c’è anche Rino Gaetano nel pentolone degli ingredienti o sbaglio?
Che bella connessione che hai trovato! Rino Gaetano c’è sicuramente nei miei ascolti e credo di aver assorbito la sua attitudine dissacrante dello status quo, dei simboli e dei personaggi. Lui come nessuno in Italia (forse Gaber ma con un altro stile) è riuscito a evidenziare e far riflettere sui paradossi e i personaggi grotteschi che caratterizzano la nostra cultura, per lo meno quella che Rino ha vissuto nel suo tempo. A sbeffeggiare i forti, i potenti, mantenendo un approccio allegro da giullare medievale contro il potere costituito e inattaccabile utilizzando un discorso serioso. Se hai notato questa connessione vuol dire che sono riuscito a restituire quel piccolo granello di poetica rubato a Rino Gaetano, anche se espresso sicuramente in maniera minuscola rispetto a lui.
E che bella questa copertina. Posso dirti che somiglia poco al brano? Mi induce calma, quiete e contemplazione… come nasce?
La copertina di “Tutto un casino” è opera di Marco Ferramosca, giovane artista attivo su più fronti nonché mio amico. Ascoltate anche le sue canzoni, sotto il nome d’arte “24 Ore”. Sarà lui a firmare le cover artwork dei due, forse tre singoli dell’album. Come accade per ogni canzone, e in generale per ogni forma artistica, il punto di vista di chi ascolta genera percezioni e stati d’animo diversi. Tutti assolutamente giusti. In un film di Danny Boyle con un giovanissimo Cillian Murphy, “Sunshine” del 2007, ad uno dei personaggi alla deriva su una navicella spaziale viene chiesto di guardare scenari tranquilli e calmi della terra per placare l’ansia e lo stress, ma lui chiede invece le onde infrangersi su di una scogliera, perché “le onde mi danno pace”. L’interpretazione creativa di Marco del mio singolo “Tutto un casino”, ovvero una farfalla che si posa su un occhio costretto a restare aperto e guardare, rappresenta la sua visione di contemplare il caos che abbiamo intorno perché anch’esso è generatore di emozioni e arte. Esprime cioè l’irruenza e la tensione poetica del mio brano ma con i suoi occhi e il suo vissuto. E la farfalla ricorre in un altro mio brano dell’album, in un suo climax sonoro. Bel lavoro, Marco.