– di Michela Moramarco –
BLUEM è il nome del progetto discografico di Chiara Floris, cantautrice e produttrice sarda classe 1995 di stanza a Londra. Il suo nuovo album si intitola nou ed è caratterizzato da un mix stilistico e linguistico che non lascia indifferenti. “Nou” in lingua sarda significa nuovo ed è la parola giusta per racchiudere i vari colori di questo disco che, concepito tra la Sardegna e l’Inghilterra, ha una narrazione molto onirica e godibile. A metà fra l’elettronica e un’attitudine retro, l’album nou emana uno spirito di femminilità.
Ne abbiamo parlato con l’artista.
Nou è un album di riscatto e femminilità: da dove nasce l’esigenza di affrontare queste tematiche?
Nel mio percorso ho avuto modo di curare un album come produttrice collaborando anche con un’altra persona, un uomo, che però ha prevalso un po’ nella maggior parte del lavoro. Quindi dopo un po’ di anni ho iniziato a rendermi conto che essere una donna nell’industria creativa è effettivamente difficile. Ho cercato di canalizzare queste riflessioni nel mio album.
Il mix linguistico che proponi rende il progetto molto eclettico: hai mai pensato a che pubblico ti rivolgi?
No, in generale non penso al pubblico quando scrivo. La mia musica è anche sperimentazione ma prevalentemente riguarda me. Ma comunque spero di arrivare ad un pubblico abbastanza largo.
Qual è stato il brano più difficile da scrivere? Perché?
Il brano più difficile da portare a termine credo che sia stato Adele perché essendo strumentale è una sorta di mix tra suoni della tradizione sarda con peculiarità elettroniche. Inizialmente le mie intenzioni erano di scrivere un testo sopra quell’arrangiamento. Poi però ho capito che non c’era bisogno, non si prestava alla forma canzone. La difficoltà è stata capire quale fosse la sua natura ed è stato portato a termine appunto come brano strumentale.
Hai suonato al MI AMI 2023, come è andata questa esperienza live?
È stato molto bello perché molte persone si sono fermate ad ascoltare il mio live. Poi era la prima volta che presentavo la mia attuale formazione per il palco, ovvero con l’ intero team. È stata un’ottima occasione di debutto con loro.
I tuoi brani sono pensati dall’inizio per essere presentati in un contesto live? Come funziona il processo creativo?
Credo di commettere un errore nel processo creativo: non penso alla dimensione live, non immediatamente. Temo che altrimenti sarei un po’ limitata. Il mio progetto si pone per essere osservato, ascoltato anche in cuffia. Quando si arriva alla dimensione live faccio i conti con il fatto di non averci pensato prima, però si possono creare anche cose nuove. Per esempio, ho introdotto delle parti di batteria che nell’album originale non c’erano. Diciamo che per me significa anche un po’ ripensare tutto da capo.
Come definiresti la tua musica in tre aggettivi?
Un po’ nostalgica, contemporanea e poi in questo album anche molto colorata.