– di Simone Spitoni –
Il 2023 porta con sé anche l’esordio della cantautrice sarda Daniela Pes, che alle spalle ha anni di formazione nella musica elettronica e nel jazz.
L’album “SPIRA” (distribuito dalla Tanca Records di Iosonouncane) è infatti un disco subito maturo, lontano anni luce da qualsiasi canone commerciale contemporaneo: influenzato da certa kosmische musik germanica degli anni ‘70 e dal folk sardo, è cantato in un idioma immaginario tra termini galluresi, italiani e inventati.
Immaginate la Björk dei primi anni ‘90 (riferimento forse banale, ma ci potrebbe stare) insieme al Demetrio Stratos più sperimentale e ad una Maria Carta in fase cosmico/psichedelica e forse avrete una lontana idea della natura e della portata dell’album.
Oltre al ruolo delle strumentali (dove l’elettronica più “acida” e spaziale si mischia con suoni etnici mediterranei) non si può non sottolineare il ruolo della stupenda voce della Pes: ipnotica, straniante, dissonante e al tempo stesso melodiosa e affascinantissima.
«“SPIRA” è un disco di musica visionaria che interpreta la drammaturgia sonora come utopia. E l’utopia altro non è che un modello costruito per praticare una radicale critica dell’esistente»
Il disco è stato definito così, nel comunicato stampa, e questa frase mi ha colpito in maniera particolare.
A differenza di molti comunicati stampa nei quali si tenta di arrampicarsi sugli specchi con paroloni altisonanti (spesso e volentieri per difendere l’indifendibile), in queste parole c’è molta verità, anche se magari non riescono ad avvicinarsi (e nemmeno lontanamente, diciamolo) alla portata dell’album; che è sì visionario, ma anche estremamente legato alla terra sarda, come se fosse un disco split tra i primissimi Tazenda e gli altrettanto primissimi Ash Ra Tempel.
Sarà pretenzioso esordire, soprattutto oggi, con un disco del genere?
E allora, in questo caso, viva la pretenziosità!
In tempi di musica per TikTok da consumare e dimenticare nel giro di pochissimi giorni – quando va bene – pare quasi assurdo poter avere la fortuna di ascoltare album del genere che partono dalle orecchie e vibrano all’interno di tutto il corpo, fino ad arrivare all’Anima (che ci possiate credere o meno).
Un album da vivere pienamente più che da ascoltare. “This is not music, this is a trip” come diceva il Maestro Prince. Per questo album, la frase ci sta tutta.