– di Martina Rossato –
Nel 1974 Bob Dylan cantava in “Planet Waves” «May you stay forever young».
Oggi esce per Irma Records la risposta di Giovanni Santese, “Forever Vecchio”. Il disco è un (inconsueto) inno alla consapevolezza e alla maturità. Molto spesso si parla della libertà e della spensieratezza degli anni della gioventù, come se fossero gli unici che davvero vale la pena vivere. Con questo album, Santese vuole sottolineare l’importanza del sapersi apprezzare in ogni momento della vita.
Questo concetto passa anche attraverso il video ufficiale della titletrack, una rivisitazione della storia di uno dei ritratti più celebri della Letteratura, quella de “Il ritratto di Dorian Gray”. Se però il Dorian originale decide che sia il dipinto a dover invecchiare al suo posto e lo chiude in soffitta perché si vergogna di quell’immagine, in questo caso il protagonista decide di affrontare il proprio, inesorabile destino. Così, come una natura morta di Sam Taylor-Wood, il suo volto diventa sempre più “maturo”, fino ad essere “vecchio per sempre”.
«Se ci pensate è una fregatura che dopo aver imparato a stare al mondo si muoia. Che l’umanità sia sempre costituita da eterni inesperti della vita. Sarebbe sicuramente un mondo migliore se si potesse diventare Forever vecchi»
Quello che cambia è l’approccio: Santese fa di debolezza e verità il punto di forza del disco. “Forever Vecchio” è stato prodotto da Taketo Gohara, gli arrangiamenti sono stati curati da Santese stesso con Mirko Maria Matera.
Si tratta di un disco di esordio che non suona affatto come tale: c’è tanta maturità tra le tracce. Il progetto non a caso nasce dopo anni di esperienze precedenti sotto il nome di Non Giovanni. Santese è arrivato a calcare importanti palchi, come quello del Primo Maggio di Taranto e porterà la sua esperienza anche live. Il tour, infatti, non sarà incentrato unicamente sulla musica, ma sarà uno spettacolo di canzoni e parole, la cui regia è curata da Lorenzo Kruger (già frontman dei Nobraino e solista dal 2017).
Nel complesso, definirei questo esordio come un piacevole disco cantautorale, i cui grandi protagonisti sono senza dubbio il pianoforte e la voce, spesso accompagnati dagli archi. La traccia che si discosta di più da questo approccio è la titletrack, che spezza il ritmo calmo del disco fungendo da pausa tra la prima e la seconda metà delle tracce.
“Forever Vecchio” è un album scritto da una persona che ha trovato calma e serenità in questo nuovo inizio. Le canzoni tracciano un sentiero lineare che, con pochi strumenti, un arrangiamento quasi minimale e una produzione accurata, mi hanno ricordato quel sentimento di malinconia che si prova di ritorno da un viaggio. Interessante anche il lavoro grafico che caratterizza la cover del disco, un intreccio che mi sembra simboleggiare a un eterno ritorno verso se stessi.