Sperimentazione, eleganza e satira: Paolo Benvegnù torna nella famiglia Woodworm con il nuovo EP “Solo fiori” che mostra un nuovo volto, più leggero e poliedrico, della discografia dell’artista lombardo.
– di Lucia Tamburello –
Un verso del brano “Pietre“, pubblicato nel 2020, diceva: “I fiori si riprenderanno grattacieli ed autostrade”. A distanza di tre anni dall’uscita del disco che lo contiene, “Dell’odio dell’innocenza”, Paolo Benvegnù non smette di seminare poesia con l’intento che muove da sempre i suoi lavori da solista: combattere un sistema culturale cementificato dal pragmatismo e nell’eccessiva razionalità.
A fare da fertilizzante nel nuovo EP “Solo fiori” ci pensa un’estrema raffinatezza che avvolge sia la scrittura che i pensieri che la muovono. Gli argomenti ormai musicalmente e poeticamente sdoganati come l’amore, la critica sociale e politica, riprendono significato in cinque tracce in grado di ridare loro valore emotivo. L’irrazionalità dei sentimenti si rifà virtù.
La prima parte dell’EP si discosta leggermente dal resto delle canzoni. “Italia Pornografica” appare come uno dei pochi pezzi esplicitamente irriverenti nella discografia dell’ex frontman degli Scisma. L’apertura molto classica con piano e archi è una falsa partenza che dà il via ad una strofa cadenzata e marcatamente pop. È l’unico brano invettivo dell’album: per un attimo Benvegnù abbandona la ricercatezza che caratterizza questo lavoro per sentenziare aspramente sul Belpaese. Con “Our love song”, la seconda traccia, ha inizio la linea romantica e il momento più articolato e distorto dell’EP. Il ritornello orecchiabile si mantiene in linea con il pezzo precedente, ma, a differenza di quest’ultimo, è molto più rockeggiante e con una struttura molto più intrigante.
Per quanto Benvegnù sia un “genio dell’asfalto” capace di dare spessore anche al pop più ingenuo, il featuring con Malika Ayane, “Non esiste altro”, presenta tutti gli attributi scontati del “singolone” italiano sia nell’arrangiamento che nel testo; un pezzo scontato e monotono che va a diluire il concept profondo, l’essenza di “Solo fiori”. “27/12” conserva più o meno le stesse caratteristiche ma risulta comunque ben fatto e più originale rispetto al singolo che ha preceduto la pubblicazione dell’EP. Leggero e scarno, lascia spazio ad un testo che rivela una delle tante sfaccettature amorose indagate nell’album e ad una parte di chitarra elettrica finale di grande effetto. La chiusura viene affidata a “Tulipani”, una ballata estremamente profonda, spiazzante, che sacrifica le distorsioni a favore delle immagini uniche regalate dai versi.
Elementi uguali e strutture diverse: “Solo fiori” è un EP che, osservato dalla discografia di Benvegnù, risulta innovativo. Non indaga suoni troppo lontani dalla tradizione classica italiana o stili astrusi, ma dona una nuova veste leggera alla sua scrittura. Si tratta di un pop poetico capace di contribuire all’emancipazione di un genere monopolizzato da troppo tempo dalle majors e bistrattato dal pubblico.
Semplice, ma non semplicistico, “Solo fiori” solleva di molto le aspettative sul nuovo album che verrà pubblicato prossimamente.