Il mancato accordo Meta SIAE è un nuovo episodio della lunga guerra sul riconoscimento dei diritto d’autore e il suo valore commerciale, che da anni rende ancora più ricchi i social media e impoverisce gli artisti
– di Riccardo De Stefano –
All’alba del 16 marzo arriva una notizia capace di scuotere la social sfera e il mondo musicale in un colpo solo. Infatti, come comunicato da SIAE sul suo sito:
La decisione unilaterale di Meta di escludere il repertorio SIAE dalla propria library lascia sconcertati gli autori ed editori italiani.
A SIAE viene richiesto di accettare una proposta unilaterale di Meta prescindendo da qualsiasi valutazione trasparente e condivisa dell’effettivo valore del repertorio. Tale posizione, unitamente al rifiuto da parte di Meta di condividere le informazioni rilevanti ai fini di un accordo equo, è evidentemente in contrasto con i principi sanciti dalla Direttiva Copyright per la quale gli autori e gli editori di tutta Europa si sono fortemente battuti.
Colpisce questa decisione, considerata la negoziazione in corso, e comunque la piena disponibilità di SIAE a sottoscrivere a condizioni trasparenti la licenza per il corretto utilizzo dei contenuti tutelati. Tale apertura è dimostrata dal fatto che SIAE ha continuato a cercare un accordo con Meta in buona fede, nonostante la piattaforma sia priva di una licenza a partire dal 1 gennaio 2023.
SIAE non accetterà imposizioni da un soggetto che sfrutta la sua posizione di forza per ottenere risparmi a danno dell’industria creativa italiana.
Le parole di Meta non lasciano molti dubbi a riguardo:
Purtroppo non siamo riusciti a rinnovare il nostro accordo di licenza con Siae. La tutela dei diritti d’autore di compositori e artisti è per noi una priorità e per questo motivo da oggi avvieremo la procedura per rimuovere i brani del repertorio Siae nella nostra libreria musicale. Crediamo che sia un valore per l’intera industria musicale permettere alle persone di condividere e connettersi sulle nostre piattaforme utilizzando la musica che amano. Abbiamo accordi di licenza in oltre 150 paesi nel mondo, continueremo a impegnarci per raggiungere un accordo con Siae che soddisfi tutte le parti.
CHE SIGNIFICA?
La battaglia sul rispetto e il giusto compenso dell’usufrutto dei contenuti online non parte da adesso, ma è un processo mondiale che va avanti da anni. i social network, data la loro natura, appunto, sociale, dal primo momento hanno spinto sulla creazione e condivisione di contenuti, che molto spesso, in quanto soggetti a diritto d’autore, avrebbero previsto una compensazione economica che non è mai avvenuta. In altre parole: se fai una storia su Instagram utilizzando il brano di Tiziano Ferro, sarebbe il caso che la piattaforma social pagasse Tiziano Ferro (o tutta la filiera dietro le sue canzoni) per l’utilizzo.
Storicamente questa cosa non è mai avvenuta, se non negli ultimi anni, quando i social media hanno iniziato a pagare una quota per l’utilizzo di materiale sotto copyright nelle proprie piattaforme.
IL MANCATO ACCORDO META SIAE
Ricordiamoci che Meta è un’azienda americana che ha un fatturato di circa 85 miliardi annuali. Soldi che arrivano dalle pubblicità presenti sulle proprie piattaforme, che sono alimentate dal consumo e dalla produzione di contenuti da parte degli utenti, spesso “prosumer”, cioè consumatori e produttori di contenuti, e in moltissimi casi, forse la stragrande maggioranza, con elementi musicali in teoria tutelati da diritto d’autore.
O, per dirla diversamente: Meta fa soldi anche grazie alla musica presente sui propri social e non vuole negoziare il valore di questa musica, imponendo grazie alla sua posizione di forza quanto e se pagare gli autori musicali. Inoltre, il pomo della discordia è la mancata trasparenza su quanto effettivamente sia il valore del catalogo utilizzato da Meta, cioè quanta musica protetta venga utilizzata e quanto poco venga effettivamente pagato.
CHE CONSUEGUENZE CI SARANNO
Essendo Meta così importante, e di fatto SIAE – per quanto detestata – così piccola in confronto, e comunque interessata alla tutela dei suoi soci, la decisione della compagnia americana è quella di bloccare i contenuti tutelati da SIAE (quindi, si presume perlopiù musica italiana) già a partire dal pomeriggio del 16 marzo su Facebook e Instagram perlomeno.
Il danno principale sarà ovviamente per i creators italiani, che si vedranno annullati gli audio e bloccati i contenuti sulle piattaforme praticamente in maniera istantanea (immaginate un bel reel con qualche balletto su “Furore” di Paola e Chiara fatto senza audio, tragedia), spingendo ovviamente a lamentarsi e ritenendo SIAE responsabile – forse per avidità – di questa nefasta conseguenza.
In realtà, la lotta per il riconoscimento del diritto d’autore non solo è sacrosanta, ma serve a ricordarci quanto i grandi colossi di Internet non abbiano nessuna cura e nessuna intenzione di pagare una cifra giusta e razionale per l’utilizzo di materiale protetto da copyright sulle proprie pagine, ingrassando ancora di più i conti e speculandoci sopra (d’altronde Meta ha promesso licenziamenti a catena e deve stringere ancora di più la corda).
BUONI E CATTIVI?
La questione, in queste ore, è ancora combattuta e discussa, ed è un braccio di ferro tra Meta e SIAE: chi la spunterà? Il senso di tutto sarà capire se Internet sarà una terra di conquiste dove i contenuti perderanno sempre di più valore economico, convertendo però un quantitativo di soldi incredibile dalle pubblicità, o se questa sorta di “resistenza” darà effettivamente senso e dignità alla musica condivisa sulle piattaforme.
Per quanto sia criticabile una società come SIAE, non cedere di fronte al ricatto dei potentati stranieri è quanto di più giusto e sensato si possa fare, specialmente a fronte della mancanza di trasparenza di questi ultimi. Ricordiamoci quante lamentele sentiamo da parte degli artisti sullo scarsissimo valore della propria musica online – quanti pochi soldi riescano a generare le piattaforme streaming cioè – e che questo è conseguenza anche del fatto che gli accordi che si fanno sono sempre più al ribasso e che nessun miliardario vuole il “bene” delle persone.