“Verde”, il primo EP del trio wasabi, è stato pubblicato il 26 gennaio.
– di Martina Antinoro –
Il trio romano si è presentato al pubblico con cinque tracce Synth-Pop/Rock, in grado di accompagnare temi importanti e soprattutto attuali, come la bulimia e l’accettazione di sé. Abbiamo fatto due chiacchiere con il basso di Lexie, la batteria di Simo e il synth malinconico di Claire, così da poter scoprire qualcosa in più su questo progetto.
Il vostro progetto, wasabi, è nato durante la pandemia: quanto pensate che questo abbia influito sulla vostra musica?
Forse più di quanto ne siamo consapevoli. Sicuramente è stato un periodo di profonda introspezione dovuta al fatto che, essendo stati per molto tempo isolate e avendo avuto meno stimoli sociali, abbiamo avuto molto tempo per stare con noi stesse e pensare. Ognuna di noi tre ha avuto l’occasione di interrogarsi sulla musica e ha pensato a come volerla fare, a quanto voler essere autentiche, a cosa voler dire, con chi lavorare. Così ci siamo incontrate, abbiamo suonato insieme e la cosa ha funzionato! Abbiamo capito che volevamo la stessa cosa e che potevamo creare un sound originale (almeno nel panorama italiano). Forse non avremmo avuto la stessa esigenza in un momento diverso.
“Verde” e “Cenere” sono i brani che hanno anticipato l’uscita di questo EP. Se, per il primo singolo, il protagonista è l’omonimo colore, per “Cenere” è il nero a farla da padrone. Coi vostri brani siete riuscite ad accostare perfettamente la musica ad un colore: com’è nata questa idea?
In realtà è nata quasi per gioco. Quando abbiamo scritto Verde volevamo parlare, a modo nostro, della speranza; con Cenere, invece, dei periodi bui. È stato quindi per noi spontaneo associare questi aspetti a due colori che hanno dei significati culturalmente condivisi (ovviamente il verde per la speranza e il nero per i periodi bui). Ci piace pensare che la profondità del nostro animo sappia già in che direzione andare. Tutte e tre siamo molto affezionate ai colori, al loro significato emotivo, al loro valore estetico, quindi è stato naturale inserirli nei testi. Abbiamo sfruttato queste coincidenze per fare un intero book fotografico basato sui colori, piano piano lo stiamo svelando sui nostri social per promuovere il nostro primo EP, che non poteva che chiamarsi “Verde”.
Qual è il brano a cui siete più legate e perché?
Questa è una domanda molto difficile. Siamo legate a tutti i brani in modo materno. Abbiamo dato forma a ognuno di loro con tutto il nostro amore, con tutta la nostra rabbia, con tutta la nostra fame di libertà. Quindi forse al momento non abbiamo ancora una figlia preferita tra le nostre creature musicali.
Quali artisti vi sono stati di ispirazione in questo percorso Synth-Pop/Rock?
Abbiamo tantissime influenze e miti a cui ci ispiriamo! Primi tra tutti Royal Blood e Muse, ma anche Verdena, Bluvertigo, Subsonica, Prozac+. I nostri ascolti variano molto, passando dal rock melodico e armonioso dei Queen, dal punk più tenace alla musica classica in cui affondano le radici di tutti i generi. Insomma “zucchero, cannella e ogni cosa bella”.
“Mia”, nonostante sia una parafrasi della bulimia, è accompagnata da una base molto energica ed elettronica. Come mai avete deciso di accostare un testo impegnato ad un’atmosfera così leggera.
Il nostro motto è “parlare di cose profonde per ballarci sopra”. Il nostro obiettivo è proprio quello di trattare temi delicati, sensibili, come la salute mentale, con l’intento di accettarli, rassicurando chi ascolta del fatto che tutte le dinamiche psicologiche possono essere condivisibili. Sapere che anche qualcun altro possa provare o aver vissuto quello che stiamo provando o abbiamo vissuto noi stessi, ci fa sentire meno soli. La parte energica serve a liberare il corpo da questa accettazione profonda e “respirare ancora un po’”, come diciamo nella nostra “ID”. “Mia” è senz’altro il brano che porta al massimo questo nostro intento, ed è sempre bellissimo vedere le persone ballare insieme su un qualcosa di tanto intimo. Non vuol dire minimizzarlo, ma capirlo, farlo nostro.
“ID”, invece, è l’unico singolo che ha una base più “scarica” rispetto agli altri brani.
In effetti sì, in parte, ma wait for the end! Consigliamo di ascoltare la canzone fino alla fine perché prende (SPOILER ALERT) tutta un’altra piega! Un piccolo trivia: “ID” è la prima canzone che abbiamo scritto insieme. È stato molto difficile inizialmente accordarsi su quale strada prendere ed è il vero, primo esperimento musicale in stile “wasabi”. Ha subito tanti cambiamenti, ma alla fine è venuta alla luce così come potete ascoltarla nell’EP.