Giovane voce della nuova scena rap italiana, Rahimi, abruzzese ma apolide nel suono e nelle influenze. Tanto cliché dentro la sua forma e nelle trame del suo modo di pensare al flow… il tutto in un disco pregno di personalissima biografia. Si intitola “Esserci” e sfoggia tra l’altro un titolo emblematico per tutto il suo leitmotiv che si diviene bandiera nella struggente introduzione del singolo “C’est la vie”. Un trono alla vita, alla resistenza, all’esistenza come emancipazione del proprio “io”.
Il rap arriva dalla provincia. Da sempre è stato così, dai quartieri, dalle periferie, dalle strade quotidiane. Con te lo è ancora di più… che significa per te vivere in un luogo lontano dai centri nevralgici?
Se l’obiettivo è lavorare con questo genere musicale, è durissima. Ci sono vari bravi rapper in zona ma non vi è un professionista di riferimento che abbia esperienza e contatti per avviare un artista a questa professione. Forse vi è solo una realtà in grado di farlo. Paradossalmente un ragazzo ricchissimo di Pescara ha molte meno possibilità di fare successo rispetto ad un ragazzo povero di Milano, a meno che il primo non si sposti a Milano. Ciò da una parte può scoraggiare, dall’altra può farti avere una fame e una determinazione che chi abita nelle metropoli non ha, perché non porta su di se’ il peso dei chilometri per la mancanza quasi totale di opportunità che vi è a Pescara, ma in generale anche in Abruzzo. Se nella mia città dei rapper fanno degli eventi, è perché se li sono dovuti creare da soli.
Oggi il rap che dimensioni culturali ha preso secondo te? Eravamo abituati a vederlo ricco di sfarzi, sesso, oro e celebrità… invece?
Bisogna dire che in Italia prima dell’esplosione della trap, questi cliché che hai appena citato non erano così in voga, fatta eccezione per pochi esponenti celebri che si contano sulle dita di una mano. Il rap americano anni 90 invece ha sempre avuto questa connotazione di auto-celebrazione per rivalsa sociale; penso che la differenza tra ieri e oggi sia proprio qui: Se prima un rapper faceva dell’ostentazione un punto cardine era perché il suo punto di partenza era una situazione di estrema povertà. Ora la maggior parte di coloro che si approcciano alla trap o alla drill parlano di queste cose non perché le hanno ottenute o perchè le vivono, ma perché questo linguaggio è diventato un vero e proprio cardine del modo di fare un pezzo trap o drill nel 2022. Vuoi fare un pezzo trap che funzioni? devi parlare di queste cose, anche se non centrano nulla con te.
Un capitano al centro di questo disco… e non parliamo di calcio vero?
Ovviamente no ahahah. è un riferimento al film “L’attimo fuggente” di Peter Weir, uno dei miei preferiti di sempre. Citando Whitman, sto chiedendo alla musica di guidarmi, un po’ come Omero chiede alla musa di ispirarlo.
I suoni? Tanti canoni estetici… rispettarli significa appartenenza?
Se ti riferisci ai suoni del disco, in verità io e il mio produttore pensiamo di aver sperimentato molto, se si considerano i canoni del genere. Vi sono batterie tipiche della trap, ma i contenuti vanno nella direzione opposta, inoltre in Lei non bussa vi è un assolo metal di chitarra con sotto le 808 e la batteria elettronica!! io non ho mai sentito una cosa del genere in un altro pezzo trap. Ad ogni modo, ogni genere accomuna più artisti che si esprimono in modo simile, ma con sfumature differenti, il problema nasce dal momento in cui vi è la voglia di fare ciò che funziona per andare sul sicuro. Un conto è appartenere a un genere, un altro è appiattirlo.
Un Ep digitale che presto diventerà un disco?
Per ora non penso di fare copie fisiche perché in tutta sincerità ho voglia di allargare non di poco la mia fanbase. Inoltre non sono per nulla fan dei CD, penso che l’unica copia fisica che abbia veramente senso di esistere oggi sia il vinile, anche se vorrei che inquinasse di meno la sua produzione. Spero in futuro di arrivare a voler fare dei vinili per questo disco, perché vorrà dire che avrò un pubblico che darà senso a questa scelta.