– di Assunta Urbano –
Un anno fa abbiamo intervistato Emma Nolde, qualche giorno prima del Siren Festival di Vasto, in Abruzzo. Quando ci hanno comunicato che l’artista non avrebbe partecipato all’evento, per motivi di salute, abbiamo preferito non pubblicare l’articolo, anche perché al centro c’erano soprattutto le sue aspettative per l’esperienza.
Lo scorso 30 settembre, la giovanissima musicista ha pubblicato il suo secondo album, “Dormi”, per casa Woodworm e Capitol Records. Abbiamo approfittato per riprendere alcune delle sue parole e per chiederle qualche dettaglio in più riguardo le dieci canzoni che compongono il nuovo progetto.
La cantautrice ha iniziato a dare forma al suo percorso musicale a quindici anni; la passione e il talento l’hanno portata nel 2020 alla pubblicazione del disco d’esordio “Toccaterra”, sempre per Woodworm, in collaborazione con Polydor e Universal Music. Un viaggio intimo e personale, che diventa con semplicità un racconto collettivo.
Il suo timbro vocale e i suoi testi hanno conquistato i fan, che si sono mostrati subito entusiasti per il progetto.
A differenza di tanti colleghi della sua stessa età, Emma Nolde attira ascoltatori sia adulti che coetanei. Rappresenta con le sue canzoni la Generazione Z oppure il suo percorso artistico va oltre questo limite di pubblico?
“Dormi” è il nuovo disco di Emma Nolde. Ci racconti cosa significa questo lavoro nella tua carriera e nel periodo attuale della tua vita?
“Dormi” è un disco in cui penso si senta che ho tanto da dire. La parte fondamentale di questo lavoro per me sono i testi. Il mio obiettivo è arrivare vicino alle persone, che si sentano capite ascoltando. Per me meglio arrivare molto vicino a quegli individui, piuttosto che da lontano a tantissimi. È un obiettivo ambizioso, anche difficile forse, ma è davvero quello che voglio fare.
Quanto è stato difficile aver messo in musica la tua interiorità?
Per me è difficile non farlo. A volte ho paura di espormi al cento per cento nelle canzoni, poi mi ricordo che l’unico motivo che ho di scriverle è proprio quello, il brivido del non detto che in mezzo ai suoni diventa un macigno leggero.
La parola che dà il titolo all’album non è seguita da nessun segno di interpunzione. È un’invocazione, un obbligo oppure una domanda? E perché l’hai scelta per presentare l’intero disco?
È, come per “Toccaterra”, un’invocazione. È un invito a proteggersi, a prendersi cura di sé, una ninna nanna a chi non dorme mai, una “mano sugli occhi prima del sonno” e non durante, ma ognuno deve prenderlo a modo suo. Sono curiosa di sapere cosa ci hai visto te e di scoprire piano piano cosa ci hanno visto gli altri.
“Avrete i miei vent’anni, non avrete i miei ricordi”. In “Fuoco Coperto – Intro”, esprimi il principale sentimento dei ventenni negli ultimi due anni. Cosa senti di aver perso più di tutto in questo periodo di pandemia, sia dal lato musicale che da quello personale?
Già per come sono fatta, faccio fatica a vivere i miei vent’anni in modo normale. Che sembri o meno, ho un animo molto ribelle che mi ha dato un motivo per arrabbiarmi senza sapere con chi rifarmela. La rabbia a vent’anni va bene, se è voglia di fare, se è fuoco dentro. Quando quel fuoco viene coperto devi decidere da dove far uscire tutto il fumo che questo provoca, non è semplice. Per niente. Ho avuto la fortuna che per me questo sia diventato un disco, ma è data dal fatto che in qualche modo quello che facevo potevo continuare a farlo in casa.
In questo progetto hai collaborato con uno dei musicisti più incisivi del cantautorato italiano attuale: Motta. Come è stato lavorare insieme e quanto ti ha influenzato la sua presenza nel disco?
Lavorare con Francesco è stato bellissimo e mi ha insegnato tanto. Ha difeso le canzoni a spada tratta, ha messo in dubbio ogni suono che abbiamo aggiunto perché fosse quello giusto e lo ha fatto con un cuore gigantesco. Ho capito che Francesco non si risparmia, mai, va fino in fondo alle cose con tutto se stesso, e lo ha fatto anche per questo disco.
Oltre alla politica, tra i temi principali su cui si concentrano le manifestazioni giovanili in questi ultimi anni ci sono le sfide ambientali e la parità di genere. È fondamentale, secondo te, che la musica sia portatrice di messaggi attuali?
Viviamo un periodo musicale che difficilmente va per messaggi-anthem, vede al centro il sentire personale. Quando si prova a generalizzare non funziona. È molto più efficace riuscire a concentrarsi su una parte piccolissima che su un macro-tema. Questo penso che accada perché ci sembra tutto molto molto più grande di noi, e scrivere di quello che sentiamo ci aiuta ad avere una connessione con la nostra individualità emotiva, che a quel punto, all’interno di quella creazione, diventa importante.
Sei una delle più giovani e innovative artiste del nostro panorama musicale. Ti senti rappresentante con le tue canzoni della Generazione Z?
Non lo so, sicuramente i ragazzi della mia età provano cose simili a quelle che provo io; quindi, immagino possano rispecchiarsi in quello che dico. In come lo dico non lo so.
Guardando al futuro, dove si immagina Emma Nolde tra dieci anni?
Domanda da un milione di dollari. Ora come mai prima posso dirti che non ne ho idea. Vorrei essere orgogliosa del percorso che sto facendo, degli sforzi che farò, sapere di non aver mai smesso di lavorare su me stessa e sulla mia musica. Poi spero di essere in un posto e con persone che mi rendono felice. Quella è la cosa più importante.
E pensando a “Ti Prometterei”, c’è una promessa che vuoi fare a te stessa?
Ce ne sono tante, troppe. Mi prometto che posso contare su quello che sono, che ne posso essere felice e che continuerò a lavorare perché un giorno, con le spalle molto più grandi di adesso, possa dire di poter vivere di quello che amo, fatto nel modo in cui amo.
EMMA NOLDE TOUR
04/11 LIVORNO The Cage
11/11 TORINO Hiroshima Mon Amour
17/11 ROMA MONK Roma
18/11 BOLOGNA LOCOMOTIV CLUB Bologna
24/11 MILANO tba
25/11 BRESCIA Latteria Molloy
03/12 FIRENZE Viper Theatre
23/12 RAVENNA Bronson