Tredici.
Tredici come le “Reasons Why” di Hannah Baker, come la maglia di Alessandro Nesta, come il numero preferito di Taylor Swift; Tredici come i mesi dell’anno, le Sfere del Drago e le hit estive che Shade ha rilasciato dopo aver pubblicato “Odio le hit estive”.
Oppure, Tredici come le buone ragioni per cui vale la pena ascoltare la musica di un artista, accompagnate da qualche nota biografica e da diversi pareri personali (giustamente) discutibili. Un tuffo nelle personalità notevoli della scena urban italiana, sempre più mainstream e popolare, per diversi motivi; direi almeno Tredici.
– di Luca Guerrini –
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QUEL RAMO DEL PORTO DI GENOVA
Il capoluogo della regione Ligure, per un appassionato di musica a trecentosessanta gradi, è considerato un harem di creatività e qualità. Alla luce della Lanterna, infatti, si sono formate numerose personalità artistiche che hanno poi segnato la storia della musica dell’intera Penisola, a partire, ovviamente, dai maestri della “Scuola Genovese”: De André, Tenco, Paoli, solo per citarne alcuni. Ma la storia della musica Genovese non si ferma agli anni Sessanta: nei primi anni ’10 del Ventunesimo secolo, il cuore della Liguria torna a battere a ritmo, battezzando le vibrazioni che sarebbero poi diventate caratteristiche della “Nuova Scuola Genovese”, frequentata da giovani autori dalle tasche vuote, dalla testa piena di idee e bella musica. Gente che oggi riempie le playlist di mezza gioventù italiana, che ha fondato e dato fondamenta al rap e alla trap di qualità in Italia, che risponde ai nomi di Tedua, Vaz Tè, Izi, Disme, Bresh. Un elenco (incompleto) di celebrità ormai affermate, grandi nomi della scena urban, artisti rimasti un po’ più di nicchia e misticanza, che, per quanto distanti dalla concezione quasi sofistica della musica che caratterizzava i grandi del passato, mantengono un legame strettissimo con il vecchio istituto comprensivo Genovese; il legame con il mare, l’attaccamento alla città e al suo panorama, ma anche la critica (più o meno velata) alle condizioni in cui essa versa e il senso di isolamento (non solo artistico) che ne deriva costituiscono parte del filo rosso che lega assieme le due scuole, completato, poi, da una naturale abilità degli artisti del Mar Ligure di giocare con le parole, con gli accenti, con i significati e con i suoni, ognuno in una maniera unica, distintiva.
Genova si è resa di nuovo protagonista del panorama musicale italiano dando i natali ad una scena forte e unita, come dimostrano le tante, tantissime collaborazioni che gli artisti della Drilliguria hanno pubblicato nel corso della loro ascesa, che li ha uniti in un gruppo, un collettivo di creatività e musica chiamato Wild Bandana.
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LA PRIMAVERA DEL RAPPE
Intorno al 2010, Genova inizia a conoscere piano piano i nomi di coloro che la porteranno, di nuovo, ad essere segnata e sottolineata nelle mappe musicali del territorio italiano. In particolare, il 2012 è l’anno in cui un certo Andrea Brasi, al posto di lavorare al bar dei suoi, pubblica la sua prima raccolta di brani, un mixtape di nome “Cambiamenti”, in collaborazione con Gughi P. Un lavoro considerabile preistoria rispetto alla carriera di Bresh, tanto da non apparire nemmeno nel profilo Spotify dell’artista. Dopo un ascolto approfondito su SoundCloud, si può però dire che, in alcuni brani, troviamo già quelle sonorità e quei ritmi che avrebbero poi costituito il repertorio sonoro di Andrea: le vocali allungate, quasi fino alla dissonanza, l’utilizzo massiccio dell’elettronica, sia nella base, sia nella voce sottoforma di autotune; quest’ultimo non è impiegato come un supporto, un aiuto, piuttosto come un vero e proprio strumento per arricchire il range sonoro dei pezzi. Certo, in “Cambiamenti” questi elementi sono ancora solo accennati, in attesa di esplodere assieme alla carriera di Bresh, e sono contornati da elementi che mostrano quanto Andrea e la sua musica fossero ancora acerbi, ai tempi.
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COSA VOGLIAMO FARE?
Passa solo un anno da “Cambiamenti” ad una nuova pubblicazione di Bresh: nel 2013 arriva infatti “Cosa Vogliamo Fare?“, mixtape il cui titolo incarna perfettamente il momento della carriera di Bresh. L’artista Genovese, nelle barre di CVF, pare incastrato fra due stili, due anime di musica diverse: da un lato l’identità del rapper cresciuto tra le difficoltà della periferia, al tempo una narrativa ancora fresca e poco sfruttata, dall’altro una vocazione più sperimentale e creativa, legata a suoni originali e un racconto di sé più introspettivo e metaforico. In “Cosa Vogliamo Fare?” emerge ancora tanto la prima di queste due personalità, lo notiamo in pezzi come “Personaggio”, il quale costituisce anche una delle tante collaborazioni di Bresh con altri artisti della scena genovese
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PASSO DOPO PASSO
Anche dopo i primi due progetti, la carriera di Bresh respira e si sviluppa all’interno di varie collaborazioni con gli altri attori del palcoscenico genovese: da Nader, oggi meno popolare, fino a Izi e Tedua, Andrea colleziona diverse presenze nei mixtape che cambieranno la musica urban italiana, lasciando un timbro lirico inconfondibile e quindi costituendo sempre di più un’identità artistica ben definita. Il featuring meglio riuscito di questo periodo può essere “Step by Step”, perla assoluta concepita assieme a Mario Tedua Molinari e prodotto in maniera sublime da Chirs Nolan e poi inserita nell’Orange County California Mixtape, raccolta di brani che avrebbe poi innalzato Tedua allo status di figura chiave del rap italiano.
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IL MARE A MILANO
Il 2016 è per Bresh un anno di spacco totale: assieme a Tedua, si trasferisce a Milano, dove trova un’abitazione da condividere con un zzoraga di NoMila, di nome RkoMi. Cosa abbiano visto le mura dell’appartamento non ci è dato saperlo, ma sicuramente si tratta di avvenimenti di estrema rilevanza artistica. In quel trilocale, infatti, i tre artisti definiscono e limano le proprie identità, arrivando a trovare il coraggio e la direzione giusta per dare un nuovo inizio alla propria carriera musicale.
La voglia di partire e la nostalgia di casa si fanno sentire, per Bresh, in Baghera, uno dei singoli partoriti in quel di Milano, nonché uno degli ultimi passi compiuti da Andrea prima di potersi definire un cantante di professione.
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PUBBLICITÀ
I frutti del successo ottenuto nel 2016 significano, per Bresh, la firma con Thaurus, etichetta discografica attraverso la quale viene distribuito “Il bar dei miei”, singolo del 2017 particolarmente significativo per descrivere lo stile sempre più chiaro e caratteristico di Bresh: già ad un primo ascolto, infatti, si riconoscono elementi particolarmente cari ad Andrea, con quelle vocali lunghissime e quella nostalgia per Genova che traspare da ogni singola barra del brano. Una piccola perla che aiuta Bresh a riaffermarsi anche lontano dalle collaborazioni con i colleghi.
Simpatico, poi, lo skit finale (altro elemento che Bresh inserisce spesso nei propri lavori) in cui André saluta mamma e papà, dicendo loro di essere contenti visto che in questo pezzo ha fatto pubblicità al locale di loro proprietà.
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SOTT’ACQUA
La contaminazione artistica fra i coinquilini geno-milanesi è allo stesso tempo causa e effetto del successo che li investe. Bresh e Rkomi, per esempio, si esibiscono in un duetto meraviglioso in “Oblò”, brano scritto fra il 2018 e il 2019 ma pubblicato nel 2020 (dopo un anno silenzioso) e che anticipa il primo album ufficiale di Bresh. In Oblò, affiora appieno il Bresh riflessivo e introspettivo, più credibile (e necessario nella scena urban) di quello “dal blocco” visto nei primi capitoli della carriera. Ritornello simil-melodico, suoni strascicati, elettronica pesante sono ingredienti che all’apparenza paiono stonare, ma che Bresh sa utilizzare in maniera sopraffina.
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CIURMA, ANDIAMO TUTTI ALL’ARREMBAGGIO
“Che io mi aiuti” è il primo album ufficiale di Bresh, pubblicato il 14 Febbraio 2020. Al suo interno, dieci brani (compresi uno di Intro e uno di outro) che raccontano all’ascoltatore gli stati d’animo vissuti da Andrea nel biennio 2018-2019, periodo definibile come un grande stallo musicale; lo stazionamento è quindi interrotto ferocemente dalla bellezza di “Che io mi aiuti”, un album che introduce una nuova lettura del personaggio di Bresh, quella del Pirata: nella traccia che dà il titolo al disco, l’artista Genovese elabora la metafora piratesca per descriversi e raccontare la sua voglia di mare, di nuovo e la paura della tentazione e della cupidigia.
L’immagine di Bresh-pirata rimarrà salda nella cultura urban, tanto da finire addirittura nel merch che ha seguito il disco.
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DA FAR GIRAR LA TESTA
Da “Che io mi aiuti” ricaviamo anche un’altra barra rimasta iconica: “Breshino testa che gira”, linea di apertura del brano “Parà”, in tutta la sua innocenza e semplicità, è stata adottata dai fan come appellativo affettuoso con cui riferisi al proprio beniamino, simbolo del suo essere riflessivo, del suo pensare troppo, fino a farsi girare la testa. “Parà” è un brano bellissimo, dalla sonorità coinvolgente e dal ritornello memorabile, ma ha una grossa pecca: la strofa dell’ospite, Tedua, è debolissima e lontana alla narrativa del resto del testo e si chiude con delle barre tanto banali quanto distanti da ciò che ci si può aspettare da uno come Mario.
Vale comunque la pena ascoltarla, sia chiaro.
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MA ALLORA SIETE CAPACI
Oltre a “Parà”, il binomio Tedua-Bresh è protagonista di tante altre collaborazioni e quasi sempre di altissimo livello. A poca distanza dal singhiozzo di “Parà”, infatti, Tedua riscatta la propria performance pubblicando “Mare Mosso”, brano presente all’interno di “Vita Vera mixtape”, uscito a Giugno 2020.
Sarà la sonorità anni Ottanta, sarà il ritornello pazzesco, sarà che sia Mario che Andrea hanno creato una strofa immacolata, ma Mare Mosso è probabilmente tra le migliori creazioni del duo ligure. Una scarica di elettricità e ritmo che dà ragione alle capacità di entrambi gli artisti, sia nella lirica che nella musica.
Chapeau.
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MAINSTREAM
Dopo il successo a banda larga di “Che Io Mi Aiuti”, Bresh è chiamato a ripetersi: nel 2021 iniziano i lavori per il secondo album ufficiale, con la pubblicazione del primo estratto, il singolo “Angelina Jolie”. Con il brano dedicato alla diva Hollywoodiana, Bresh timbra il cartellino come artista mainstream, un riconoscimento che tanto vale per la carriera di uno dei migliori artisti della nuova scuola Genovese.
C’è da dire che Bresh raggiunge la massima popolarità con un brano che non esalta al massimo la sua originalità, ma che forse sussurra nell’orecchio di ciò che è più di tendenza – non cadendo comunque nella banalità.
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GOLDEN (BLU) BOY
Il secondo album ufficiale arriva nel Marzo del 2022 e si presenta con il nome di “Oro Blu”; subito in testa alla classifica FIMI, il disco appare immediatamente un lavoro più coeso di “Che io mi aiuti” – come poi confermato da Bresh stesso: “OB” è frutto del lavoro di 365 giorni filati, concepito in una continuità poi restituita nell’esperienza dell’ascoltatore.
Traccia illuminata dell’album è “Ulisse”, classico brano á la Bresh, meravigliosamente dissonante e originale.
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CONCLUSIONE
Non è rap, non è indie, non è trap e non è pop; è semplicemente Bresh. Il Pirata Genovese si inserisce in una nicchia di artisti senza classificazione precisa, di quelli che, per definire la musica che fanno, hanno bisogno di almeno un trattino. Parliamo quindi di Indie-rap, di pop-trap, di tecno-hop, ma sono sicuro che di questo, a Bresh, interessi poco, più interessato ai trattini che legano Genoa-Sampdoria o a quelli presenti nei testi delle sue prossime pubblicazioni.
L’ascolto è altamente consigliato, ma avverto che alla fine potreste ritrovarvi con la testa che gira. Nel senso buono, ovviamente.