“Un altro giorno d’amore – official extended soundtrack”, uscito per Lost Generation Records (e in distribuzione Believe) è la colonna sonora ufficiale del film omonimo in anteprima alla 58a Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro. Cinque cover di cinque brani cult del pop italiano e internazionale, cinque classici reinterpretati dagli artisti di LGR – Lost Generation Records (Kimerica, Frontemare, Venus in Disgrace, Anna Soares) in una chiave diversa e personale.
Abbiamo avuto il piacere di incontrare la regista Giulia D’Amato e Matteo Gagliardi di Lost Generation Records, ed ecco cosa ci hanno raccontato.
Come nasce la colonna sonora di questo documentario e le relative nuove interpretazioni di brani così celebri? Di chi è l’idea?
Matteo | L’idea è ovviamente di Giulia, voleva fare un film che avesse anche un’anima molto pop. Il caso poi ha voluto che Max Varani di Frontemare stesse lavorando ad una cover de L’Amour Toujours che è stata riadattata nel tema della parte di finzione del film.
E come avviene l’incontro tra Giulia D’Amato e Lost Generation Records?
Matteo | Io e Giulia abbiamo fatto il Centro Sperimentale di Cinematografia insieme, oramai una decina di anni fa.
Giulia | E proprio a Matteo ho chiesto di collaborare come music supervisor a Un altro giorno d’amore. Più passava il tempo e più ci siamo resi conto che la nostra visione del lavoro, del fare musica e del fare cinema aveva lo stesso orizzonte.
I brani scelti fanno in qualche modo parte di una memoria collettiva, non appena inizia L’amour Toujours è impossibile non canticchiarne il motivetto. Allo stesso tempo, nel film, quale aspetto universale possiamo ritrovare?
Giulia | È proprio l’amore che fa da collante a tutte le storie del film, quella passione che muove ogni protagonista nel cercare di costruire un mondo diverso, non solo per se stessi, ma per tutti.
Matteo | Cercavamo brani che fossero a loro modo iconici, in primis per noi. Sono convinto che la forza del film sia infatti nel suo essere profondamente personale, solo raccontando qualcosa che si conosce così intimamente si può sperare di trascendere l’immediato della narrazione per arrivare ad un senso di universalità.
E cos’è cambiato dal 2001 ad oggi?
Giulia | In questi vent’anni tutto è stato stravolto e quello che ho cercato di raccontare nel film è che il senso di collettività si è smarrito quasi del tutto, ad eccezione di alcune realtà che fanno della solidarietà il centro della propria esperienza e della propria storia.
E oltre all’esordio alla regia di Giulia D’Amato, quali altre “prime volte” contiene questo film?
Giulia | Non è una prima volta, ma sicuramente una delle poche volte in cui attorno a un film si è unita una comunità, che non solo ha portato la propria professionalità, ma anche tutto il proprio amore per un lavoro che è sempre più difficile non solo per chi sta all’inizio della propria carriera, ma anche per chi ha deciso di raccontare storie che stanno fuori da circuiti più di mercato.