– di Martina Antinoro –
Il Re Tarantola torna il nuovo singolo “Aiutiamoli a casa loro comprando le loro lauree”, prodotto da Piccio Records in collaborazione con La Stalla Domestica. Il nuovo singolo, che vede la prima collaborazione del cantautore dopo dieci anni di carriera, è uno dei nuovi brani che verranno pubblicati in vista dell’uscita del nuovo disco. Abbiamo fatto due chiacchiere con il Re Tarantola per parlare di “Aiutiamoli a casa loro comprando le loro lauree”, di scelte e di disagio.
Il 18 maggio è uscito il tuo ultimo singolo “Aiutiamoli a casa loro comprando le loro lauree”. Qual è stata la reazione del tuo pubblico?
Come le altre insomma, ho il mio piccolo seguito ed ha risposto bene, erano tutti contenti. Poi adesso ho fatto tanti concerti e vedo che piace alla gente, quindi sono felice.
Tra l’altro, hai dichiarato che questo singolo vede il tuo primo featuring: cosa ti ha convinto, dopo anni di carriera, ad iniziare a fare collaborazioni?
Ho fatto tre dischi da solo e mi sono convinto a fare questo nuovo disco con tante collaborazioni, che sono solo cori o parti vocali, la parte musicale l’ho fatta sempre io. Ho pensato che inserire qualcosa di qualcun altro potesse essere una novità.
“Aiutiamoli a casa loro comprando le loro lauree” è un brano che nasce durante il primo lockdown del 2020. Quanto la pandemia ha influito sulla tua musica?
Sicuramente ha influito sulle collaborazioni, tanto per avere dei contatti con qualcuno. Tra l’altro, tipo con Spasio Derozer, io gli ho scritto perché prima eravamo nella stessa etichetta, ma non lo conoscevo di persona: mi ha risposto e mi ha mandato l’audio che ha registrato nel suo studio.
Nei tuoi dieci anni di carriera hai fatto molti live, circa 300, cosa ha significato per te il blocco dei concerti dato dalla pandemia?
Secondo me è stato anche abbastanza rigenerante: ho fatto una pausa e ho capito dove stavo andando. Poi durante l’estate sono riuscito lo stesso a fare concerti, anche perché ora sono di più in acustico, chitarra e voce, quindi potevo fare i “concerti da seduti”, così li chiamo. In realtà, dal punto di vista chitarra e voce il mio concerto diventa più divertente e la gente ride, mentre quando suono con la batteria, se sai le canzoni bene, se non le sai a volte non si sente quello che dico. Mi hanno anche chiesto di fare un documentario, una specie di compilation dei dieci anni di carriera, e ho avuto il tempo di rivedere quello che ho fatto indietro.
Nel brano dici: “La gente si lamenta sempre della vita, ma se arriva un cambiamento dice che gli ha rovinato la vita”. Nel concreto, siamo sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, anche perché non siamo mai completamente soddisfatti delle carriere che cerchiamo di intraprendere. Secondo te perché avviene ciò?
Anche io mi ritrovo in queste cose: mi lamento, come nel lavoro, però se poi mi chiedono di cambiare servizio penso che la vita mi cada addosso. Forse non ci rendiamo conto di quello che si ha o forse è giusto anche voler cambiare.
Già dal titolo si capisce che il nuovo singolo è una denuncia verso determinati partiti politici, che nel brano accusi di portare avanti ipotesi assurde per poi comprare le lauree ai loro figli. È difficile trovare nella musica oggi una vera presa di posizione verso la politica: cosa ti ha spinto a fare questa scelta? E secondo te, perché oggi, all’interno del panorama musicale, si prendono poche posizioni a riguardo?
Forse è la prima volta che parlo direttamente di politica, anche se in maniera ironica perché non mi piace molto. Quando ero più giovane suonavo in gruppi punk ed eravamo molto diretti, però poteva andare bene quando facevamo musica tra di noi nei centri sociali. Forse oggi non si parla di politica perché si fa musica per altri motivi: prima la musica era un incontro sociale, adesso è tutta fatta al computer e non c’è più l’elemento di socialità, ma è più una cosa di arrivismo e se parli di politica è più difficile andare in televisione o in radio.
“Sono un vecchio” è il singolo che è uscito nel dicembre 2021. Cosa hanno in comune questi due brani?
Di simile c’è il disagio, che c’è sempre nelle mie canzoni. Ho sempre cercato di rappresentare il mio pensiero collettivo: “Sono un vecchio” parla del disagio di superare i 35 anni e di continuare a fare lo stesso quello che ti piace, è comunque un affresco delle varie situazioni che capitano in vari paesi. “Aiutiamoli a casa loro comprando le loro lauree” parla ancora del disagio di lamentarsi della vita, del non sapere cosa fare, ma del non saperlo anche se cambiamo. Parlano entrambe dal disagio da due punti di vista differenti.
Cosa ha di nuovo questo progetto rispetto a quelli precedenti?
Secondo me, i brani sono fatti meglio: sicuramente i testi parlano sempre del disagio, poi vi sono le collaborazioni. In più, musicalmente è registrato un po’ meglio: all’inizio registravo i dischi pensando di doverli portare dal vivo, invece adesso faccio le canzoni e poi le porto dal vivo tentando di ricrearle come riesco, però non devono essere ugualissime. Questo sicuramente mi ha aperto un po’ di porte: essendo da solo e suonando due strumenti dopo un po’ diventa sempre la stessa cosa.