– di Michela Moramarco –
Tutti Fenomeni si rimette in gioco con un secondo album, tanto evocativo quanto impressionante: “Privilegio raro” è un esperimento, forse, e se non lo è, è comunque un album ben riuscito. Prodotto con Niccolò Contessa, l’album è ricco di citazioni, sin dal titolo e il relativo ascolto si pone quasi come una caccia al tesoro nascosto tra i versi. Inutile dire che il vero significato dell’album è sotteso tra le righe, ma noi abbiamo provato a cogliere qualche sfumatura in più parlandone direttamente col fautore, Tutti Fenomeni.
Iniziamo parlando del titolo del tuo nuovo album, “Privilegio raro”, che rimanda all’idea di qualcosa di esclusivo. Come mai questo titolo?
Direi inizialmente che sono partito dall’ispirazione del brano di De André, “Geordie”, che vuol dire “Giorgio”, e volevo evocare la frase che è sostanzialmente sottintesa, ovvero: «Impiccheranno Geordie con una corda d’oro, è un privilegio raro». Quindi oltre che al concetto di privilegio c’è un altro concetto, legato a quel qualcosa di esiziale e definitivo.
Questa “definitività” si percepisce anche grazie alle sonorità alquanto cupe dei brani. O sbaglio?
Le sonorità sono state evocate dagli ultimi due anni trascorsi, che di certo non hanno incrementato la mia fiducia nel genere umano.
Qual è stato il brano più difficile da concepire tra le tracce di quest’album?
Buona domanda. Devo dire che il lavoro con Niccolò Contessa non è sempre semplice, e che il brano “Porco (Outro)” è stato smantellato e ricostruito diverse volte. Quindi non nel concepimento stesso del brano, ma nel comunicarlo tra me e Contessa, non è stato estremamente semplice. Non è scontato riuscire a comunicare nello stesso linguaggio.
Ti senti un esponente della tua generazione? Come ti poni verso quest’epoca?
“Esponente” non direi, ma comunque do all’arte e a quello che faccio un ruolo, che possa potenzialmente essere decisivo nell’evitare la completa omologazione del pensiero, ormai sempre più quotidiana. Per quel che riguarda quest’epoca, direi che sto cercando di costruire una speranza, anche in funzione dell’arte. Di mio sono pessimista, ma questo va al di là dell’epoca. Però diciamo che trovo ancora il modo per stupirmi. Amo la bellezza, anche se non so se ci salverà; ma è un buon motivo per continuare la mia ricerca.
È un concetto molto interessante, dato che si parla sempre più di nichilismo passivo, e volevo indagare sul tuo modo di porti verso questa narrazione del disagio, ormai dilagante.
Questa è una domanda molto importante, non so se riuscirei a rispondere in un modo che mi possa soddisfare. Ma comunque la mia risposta è contenuta in quello che ho detto: insomma, compatisco il mondo, anche e non è un luogo proprio idilliaco in cui vivere. C’è, comunque, anche l’amicizia, lo stupore; insomma, qualche valore.
Da dove deriva la tua passione per i giochi di parole?
A me piacciono sicuramente i giochi di parole, stile La Settimana Enigmistica, quindi i cruciverba e i rebus, ma anche solo scherzare con le parole, con il linguaggio, soprattutto in maniera ironica. Non solo nelle canzoni, ma anche nel mio parlare quotidiano. Lo faccio da sempre, da quando ero piccolo. Non sono un accademico della Crusca, non so se passerei con un ottimo voto una prova di grammatica, ma le parole le amo. Le parole sono il novanta percento della mia ricerca: il motivo per cui faccio musica sono le parole.
Musicalmente, però, i tuoi brani sono particolari. Sono stati pensati per essere suonati dal vivo?
Sì, ma non solo, non soltanto per essere “schiavi” dell’interpretazione live. Alcuni pezzi saranno difficili da rendere nella dimensione live, ma ci stiamo preparando bene. Alcune tracce verranno esaltate, ma non è un aspetto che studio a tavolino. Quando ho iniziato a suonare dal vivo sono partito con timidezza, ma ho capito che mi piace farlo.
Tutti Fenomeni, come si fa a vivere in un mondo in cui si credono tutti fenomeni?
[Ride, nda] Niente, bisogna non prendersi troppo sul serio, oppure farlo, ma senza crederci.