– di Martina Zaralli –
Abbiamo bisogno di perderci. Abbiamo bisogno di coraggio, di valicare l’invalicabile, di attraversare tutti i pensieri, di correre, di fermarci, di poggiare la mano su quella tesa della persona che ti aspetta al di là del bosco. Abbiamo bisogno di amare. Abbiamo bisogno di Alessandro Fiori e della sua inquantificabile delicatezza con cui tratteggia la bellezza riposta nei misteri della vita. Una scrittura che lui stesso, raggiunto al telefono, la descrive come iperreale, che non si serve di alcuna mediazione letteraria o poetica per parlare con la musica. Eccoci allora dentro “Mi sono perso nel bosco”, il debutto ufficiale per il cantautore toscano nella nuova famiglia di 42Records, che arriva dopo sei anni dalla precedente prova discografica, “Plancton”. Già con i singoli “Amami meglio” e “Una sera”, l’ex voce dei Mariposa ha anticipato la sua dichiarazione di intenti. “Mi sono perso nel bosco” è infatti un disco che pone delle domande, sì, ma che soprattutto offre una risposta agli smarrimenti reali e onirici: l’amore.
Parliamo dell’amore in tutte le sue declinazioni: quello di coppia, quello maturo, quello paterno, quello verso gli amici e quello verso il proprio lavoro. Una soluzione a cui Fiori dà la libertà di mostrarsi attraverso le azioni, mettendo in luce quella innata pazienza dei verbi di confermare giorno dopo giorno la verità del sentimento. Dice al riguardo: «Nel disco, in effetti, non parlo mai direttamente d’amore. È una presa di coscienza dei gesti, scelti per trasformare le difficoltà in un incanto, quasi religioso. È una questione di tempo, ma non di qualità del tempo. O comunque non solo. I gesti d’amore devono essere quotidiani, non saprei descriverlo diversamente». Dunque, non c’è marketing, non ci sono slogan o immagini iperboliche. Non ci sono etichette pronte all’uso nelle dodici tracce boschive, in cui è lecito – anzi doveroso – perdersi, «purché ci sia la responsabilità di non ritrovarsi alla fine sempre nello stesso punto, perché il bosco è un teatro incontaminato di tutte le possibilità, una metafora affascinante e spaventosa delle esperienze personali e professionali».
Scritto e composto da Alessandro Fiori, ad eccezione di “Pigi Pigi”, pezzo firmato da Marco Caserta, il disco si avvale di contributi importanti: ci sono Brunori Sas (“Io e te”), Levante e Massimo Martellotta (“Fermo accanto a te”), Colapesce (“Amami meglio”), Dente e IOSONOUNCANE (“Troppo silenzio”), Enrico Gabrielli e Marco Parente (“L’appuntamento”). Sul versante della produzione, troviamo Alessandro “Asso” Stefana e Giovanni Ferrerio, che hanno donato ai brani quella astrazione necessaria per confondere – anche in questo caso – le coordinate classiche con cui sono stati composti. “Mi sono perso nel bosco” è semplicemente la pienezza della vita intessuta d’amore, anche quando la descrive come il sogno di un sogno, spingendosi oltre la filosofia di Pedro Calderón de la Barca, quando vorremmo essere una versione diversa di noi stessi ma non sappiamo come andrebbe a finire: «Ogni giorno c’è la dimensione onirica, vive in tutte quelle cose che non possiamo controllare. Per essere coerente fino in fondo ho voluto parlare di smarrimenti anche attraverso quelle del subconscio, quelli che ci lasciano sospesi».
Abbiamo bisogno di Alessandro Fiori e “Mi sono perso nel bosco” è semplicemente imperdibile.