– di Martina Rossato –
Quando andiamo a teatro sul palco si alternano vari personaggi, ognuno dei quali porta in scena la propria storia, rendendoci incapaci di capire dove sia il confine tra realtà e recitazione. Mentre noi spettatori rimaniamo catturati e affascinati da quella strana sensazione, quello stato d’animo che solo un diverso grado di percezione del reale ci può offrire, gli attori vanno avanti a recitare le loro battute.
È così che mi sono sentita ascoltando “Disgraziato di un domani”, il nuovo disco del cantautore toscano Effenberg, uscito il 29 aprile scorso per Sound To Be. L’album presenta dei personaggi – vedi il vigile o il cubista in “Jimmy” e il dialogo con un amico d’infanzia in “Ciccio” – e racconta delle storie; è attraverso la voce di quelle persone che l’artista mette in luce esperienze da lui vissute, unendo la consistenza data dall’elemento di autenticità ad un certo grado di astrattezza.
Si tratta di un flusso libero di pensieri, con i quali ci troviamo a riflettere sulla precarietà della condizione umana, un po’ come il piccolo principe quando si domanda che cosa voglia dire “effimero”, e al tempo stesso sulla difficoltà nel compiere un “Atto di rivolta”. Da sempre sensibile ai temi sociali, il cantautore mette in musica argomenti tutt’altro che leggeri, eppure le sue canzoni non sono mai pesanti, anzi risultano essere a tratti eteree. Vi è una sottile linea di ironia che permea le tracce del disco e che caratterizza in generale la scrittura del cantautore: questo gli permette di mettere in luce “la crisi del suo tempo” e fa sì che il suo esistenzialismo non sia mai tedioso.
Nel disco è molto presente l’idea di infanzia, vista da una prospettiva un po’ diversa da quella a cui siamo abituati a pensare: Effenberg sostiene che gli adulti siano uguali a come erano da bambini, «solo un po’ più grassi e brutti». Pur focalizzandosi sul passato, è un disco che guarda con curiosità al futuro, a quello che la vita può ancora offrire. D’altronde che senso ha preoccuparsi per qualcosa di così imprevedibile come è il futuro? È molto meglio cogliere il bello da tutte le possibilità che ci vengono offerte.
Il mondo dei ricordi – legati all’infanzia ma non solo – è molto presente nel disco, che diventa la rappresentazione del “Mini universo” di Effenberg: un posto che profuma di torta della nonna e in cui l’aria è invasa dalla polvere dei centrini chiusi da anni dentro ai cassetti del comò. Questo mondo però non è relegato al passato, continua a vivere nel presente attraverso i valori ad esso intrinsechi.
Effenberg racconta insomma le sue «voci di dentro», ma non si limita a questo: ha dichiarato che nel disco – in particolare in “Sirene alate” – c’è l’ispirazione e influenza data dal libro Quando Teresa si arrabbiò con Dio di Alejandro Jodorowsky. L’album è stato presentato live il 5 maggio al Daccapo di Lucca e ieri all’Arci Bellezza di Milano, a cui seguiranno nuove date. La sua produzione è stata invece affidata a Marco Olivi e Raffale Scogna, con la collaborazione di Emmanuele Modestino e Paolo Sodini.