Torna a configurarsi l’ingranaggio vincente. Giuseppe Lo Bue e Filippo Scalzo il duo che si firma Caron Dimonio torna in studio con Gianluca Lo Presti del Lotostudio e si arricchisce stabilmente di una sezione di drumming a firma di Lorenzo Brogi, già membro live del progetto. Esce “Porno Post Mortem” per Atmosphere Records, disco dai tratti inquietanti come ci hanno abituato i nostri, dentro pieghe di acida psichedelia di un rock scuro di introspezione e lontano dalle solite forme. Liturgia e respiro apocalittico dentro liriche che ragionano sull’annoso incontro tra Eros e Thanatos, amore, morte sessualità, consapevolezza ed esistenza. Un ascolto prezioso che richiede immersione totale…
La morte come tema principale. Derive di questa nelle tanti chiavi di lettura. Dunque in primis vi chiedo: che rapporto avete con la morte?
Giuseppe: personalmente a causa di eventi molto tragici molto stretto.
Lorenzo: quando la notte d’Inverno col vento forte che spazza la spiaggia stai sulla riva del mare e ti chiedi chi ci sia in quel momento non sull’altra riva, ma sul fondo, tornando alla macchina capisci che la Morte esiste, eccome.
Filippo: premettiamo subito che i testi li scrive Giuseppe, dunque per qualunque cosa prendetevela con lui!Scherzi a parte, la morte è una cosa che mi terrorizza, lo ammetto. Ricordo nitidamente la prima volta che sentii questa intervista a Carmelo Bene su un’emittente musicale che molto andava in voga negli anni novanta. Mi avevano impressionato le sue parole, l’idea che avessimo un olezzo di morte già nel momento in cui nasciamo, poiché già la nascita è morte, apparteniamo ad essa. E dunque è la morte stessa a morire, non noi. “Noi non si muore, non si muore più”, concludeva lapidario Bene. Ed allora, di qualunque natura sia lo spettacolo, la conclusione è una ed una sola. Per quanto naturale incute grande timore. Ben venga dunque una sorta di “divertissement “ Pascaliano, ehhe.
E restando sul tema, quanto pensate sia deviato il concetto di morte nella società moderna anche e soprattutto a fine di marketing e/o educazioni controllate?
Giuseppe: credo che se ci si rendesse veramente conto di quanto sia insignificante la nostra esistenza vivremmo più serenamente, ce la godremmo di più, molto spesso (me compreso) ci concentriamo su bisogni effimeri, le guerre sono relativamente lontane, sono immagini alla tv. Nel marketing è necessario mostrare sempre un immagine serena, ottimista, vincente, la morte è molto lontana da questi ambiti, qui il concetto più che deviato direi che è assente. Se si parla di cronaca invece la morte vende tantissimo.
Lorenzo: Nello statuto comunale di un paese vicino a quello dove sono nato tanti secoli fa c’è un comma che ordina a tutti gli abitanti del borgo e del suo contado,anche ai forestieri semplicemente di passaggio,di partecipare ad ogni esequia si celebri nella chiesa madre,pena punizioni corporali.
L’ho sempre trovata una decisione di buona creanza e comunque mi tolgo il cappello ogni volta che incrocio un feretro.
Filippo: tantissimo. La morte è audience, spettacolo, crea un interesse morboso. Basta fare l’errore di accendere la televisione in fascia pomeridiana ed è subito caccia all’assassino. Tutti siamo esperti di crimologia, psichiatria ed affini. Viviamo all’interno di un romanzo giallo, solo che è scritto di merda.
Che poi molte tematiche del disco vanno a pizzicare quei momenti di limbo dentro cui ci si avvicina, si oltrepassa il confine anche… molte di queste tematiche prendono spunto anche da un vissuto personale o quantomeno accaduto nelle vostre immediate vicinanze?
Giuseppe: vissuto personale e immediate vicinanze.
Lorenzo: Anche prima di nascere, comunque, avevo una paura tremenda.
Gli altri mormoravano continuamente che sarebbe stato terribile, circolavano questi frammenti di messaggi deliranti che qualcuno era riuscito a mandarci proprio nei momenti cruciali del trapasso e mi inquietavo… Poi è successo tutto drammaticamente all’improvviso…
L’elettronica di questo disco che dialoga con suoni reali… quanto la prima condiziona i secondi? Cosa vince e qual è il vero DNA del disco?
Giuseppe: l’elettronica e i suoni reali vivono in simbiosi, si compensano l’uno con l’altro. Per me reale è l’idea, l’ispirazione, la necessità che sta dietro alla nascita di un brano.
Lorenzo: L’elettronica è molto importante ma, in caso di disastro atomico mondiale con conseguente interruzione globale dell’energia elettrica causa radiazioni, purtroppo sarà difficile goderne ancora e dovremo proporre ai pochi superstiti una versione unplugged di “Porno Post Mortem”.
Le mutazioni che seguiranno al fallout, però,modificheranno non solo le possibilità di performance di noi musicisti ma anche la capacità di fruizione del pubblico ascoltatore,quindi il vero DNA sarà in continua evoluzione.
Filippo: Beh,i Caron Dimonio sono questo tentativo costante di equilibrio tra post punk ed elettronica. Dal mio punto di vista è da folli continuare ad avere un atteggiamento ostile nei confronti delle tante possibilità che le tecnologie musicali ci offrono. È chiaro che, personalmente, quando devo comporre un giro di basso preferisco interagire con l’elettronica piuttosto che battagliarci contro. Bisogna creare incastri, trovare la giusta alchimia. È questo il DNA del disco, un incidente, uno scontro/incontro tra questi due generi. Non vince nessuno dal mio punto di vista.
Che dopo tanta “morte” il disco si chiude con una preghiera laica (mi piace vederla così) alle montagne. Dunque la pace che a suo modo si rompe o si rende distopica. Quanto si lega tutto questo al tema del disco?
Giuseppe: mi piace questa tua visione. Le montagne sono l’eternità, sono quello che dura, noi nel frattempo moriamo guardando qualcosa in un certo senso immortale e ci rendiamo conto della finitezza della nostra esistenza.
Lorenzo: in montagna si prega meglio e si prega di più.
A chiusa: dopo questo tempo di gestazione fatto di distanze e divieti, il disco ha preso altre letture, avrebbe dovuto modificarsi in qualcosa?
Giuseppe: riguardo ai testi il tema del disco è rimasto quasi invariato, si sono invece aggiunte nuove idee a livello musicale durante le ultime prove e le registrazioni.
Lorenzo: l’uomo è tormentato da sempre dalle epidemie; abbiamo partecipato alla prima pandemia documentata dai mass media e dai social network ed è la prima in Europa e nel mondo da quando esistono i sintetizzatori. Spero che tra mille anni, mentre vengono alla luce le rovine di un’Ipercoop e si espongono nei musei archeologici i frammenti ricomposti di un iPhone, durante una lezione di Storia si faccia ascoltare ai ragazzi qualche brano del nostro disco. Ci siamo impegnati molto.
Filippo: credo che i dischi prendano sempre una direzione differente rispetto a quella inizialmente ipotizzata. Capita anche che a lavoro finito si vogliano cambiare tante cose rispetto a quanto fatto. E’ giusto così però. Pensate che brutta cosa essere del tutto conviti e soddisfatti del proprio lavoro. Magari smetteremmo di comporre (non che sia una sciagura per voi che ci ascoltate, ahah).