– di Martina Zaralli –
È uscito venerdì 11 marzo “Belli dritti sulla schiena”, il nuovo album del cantautore e polistrumentista Emanuele Colandrea, dal 2015 impegnato nella carriera solista dopo le esperienze con le band Cappello a Cilindro ed Eva Mon Amour. Anticipato dai brani “Ok Emanuele” e “Credo”, il terzo lavoro di inediti, per FioriRari, è affidato alla produzione artistica di Pier Cortese e impreziosito dalla presenza di ospiti come Roberto Angelini alle chitarre e lo stesso Cortese alle incursioni elettroniche. In poco più di trentacinque minuti di ascolto “Belli dritti sulla schiena” racchiude dieci brani che partono dai luoghi della provincia di Latina per un viaggio suggestivo verso le sonorità del folk-rock del sud degli Usa per poi tornare in quelle della tradizione cantautorale italiana, su un’altalena tra poesia e canzone d’autore. Afferma Emanuele Colandrea:«“Belli Dritti Sulla Schiena” è un disco scritto in prima persona senza l’intenzione di essere autobiografico. Ci sono dentro persone, pensieri e cicatrici indispensabili, sono in un certo senso canzoni promemoria, che ribadiscono, a me per primo, la differenza tra tenere e a mente e non dimenticare». Abbiamo raggiunto Emanuele Colandrea al telefono per parlare delle sue nuove canzoni, ma anche di gentilezza, di luoghi d’origine e di musica live.
“Belli dritti sulla schiena”: che messaggio lanci col titolo del tuo disco?
Da una parte, è un messaggio molto personale: se vogliamo, di buon auspicio per la mia salute perché soffro molto di mal di schiena. Volevo, tramite il titolo, esorcizzare una situazione poco piacevole. La canzone omonima invece è stata scritta per lanciare un messaggio di positività, come per dire: “Ragazzi, nonostante tutto, rimaniamo belli dritti sulla schiena!”. Quindi c’è ovviamente anche questo significato di ottimismo e di tenacia nei confronti delle difficoltà della vita. La canzone l’ho scritta molto prima della pandemia, ma si è legata poi bene alle emozioni che abbiamo vissuto.
Su “Ok Emanuele” – uno dei brani apripista del disco – hai dichiarato: «Se fossi stato di Bologna forse l’avrei chiamata “L’avvelenata”», rimandando così allo sfogo di Francesco Guccini. C’è qualcosa della società attuale che non tolleri e per la quale senti il bisogno di sfogarti in musica?
Sicuramente la velocità. Trovo la società troppo veloce, in cui le cose cambiano troppo in fretta senza poi di fatto cambiare veramente. La rincorsa al cambiamento mi lascia un po’confuso. È come se tutti dovessimo necessariamente anticipare il futuro: mi piacerebbe invece guardare anche al passato per osservare meglio il presente.
La riflessione che hai appena fatto vale anche per l’industria musicale?
In un certo senso, sì. Quello che noto è che molte produzioni sono dettate da logiche capitalistiche più che da scelte di passione o di qualità, misurate queste ultime col rispetto dei tempi necessari per la maturazione di un progetto. Diciamo che la musica che richiede un periodo importante di ossigenazione non viene più prodotta, o comunque in quantità nettamente inferiore rispetto ad altri tipi di musica. Per rimanere nella storia, penso che la musica debba prendersi tempo e dare al pubblico il tempo giusto per metabolizzare tutto.
Potere al tempo. E alla gentilezza (quella sconosciuta) come canti in “Credo”…
Ma non lo so quanto sia sconosciuta, alla fine. Spesso ci convinciamo che il mondo sia brutto, quando in realtà non lo è. “Credo dei miracoli della gentilezza”, lo dico per esperienza personale: siamo esseri umani e a volte comportarsi in modo gentile non è per niente facile! Credo in un’educazione alla gentilezza, perché se guardiamo agli effetti positivi che ne derivano possiamo sicuramente concludere che sono nettamente migliori di quelli generati dall’indifferenza.
Sei cresciuto, e attualmente vivi, nella provincia di Latina. Il contesto provinciale che ruolo svolge per la tua attività creativa?
Svolge un ruolo fondamentale. Non solo per il tessuto sociale, ma soprattutto per l’ambiente, per “l’aria che tira”, che nel mio caso è di campagna. C’è una correlazione, spesso e volentieri, tra la musica, i generi, e i luoghi da cui hanno origine, tanto che alcune atmosfere di quei luoghi riescono a diventare le sonorità identificative di uno stile o di una corrente musicale. Non penso proprio che tutto questo sia un caso. Per quanto mi riguarda, la provincia da un punto di vista paesaggistico mi ha dato moltissimo, soprattutto per la possibilità di trasformare le sensazioni nate dai miei posti nelle mie canzoni.
Arriverà anche un tour: tornare alla musica live che sensazioni ti dà?
Sono felicissimo, perché tornare in concerto non vuol dire solo tornare alla musica live, ma anche tornare alla scoperta di nuovi luoghi e di nuova ruralità: ho suonato spesso in posti immersi nella natura, sotto querce secolari o nei pressi dei cammini della transumanza, e spero di trovarne molti altri.
Emanuele Colandrea sarà live:
09 aprile Pescara – Babilonia
21 aprile Roma – Monk
22 aprile Cava de’ Tirreni (SA) – XXV live
23 aprile Taranto – Mercato Nuovo
19 maggio Castel Maggiore (BO) – Teatro Biagi D’Antona – rassegna CondimentiOff
02 luglio San Vito al Tagliamento (PN) – Arci Cral
06 agosto Rogliano (CS) – Rublanum Festival