Venerdì 25 febbraio è uscito in distribuzione Artist First “big boy“, il singolo di debutto del progetto dada sutra (ex Sandra Vesely). Un brano ossessivo e disturbante che suona come uno schiaffo in faccia, ispirandosi a personalità del calibro di Nick Cave e PJ Harvey. L’immagine della violenza sessuale in qualche forma è stata presente, da subito, anche nella parte strettamente musicale della canzone, che è nata da un’improvvisazione insieme al pianista e compositore Vincenzo Parisi: il titolo provvisorio quando ancora non aveva un testo era “Buonanotte, Miss Greenlee”, in riferimento a una famosa necrofila.
Non abbiamo resistito e le abbiamo fatto qualche domanda!
In che modo “big boy” è una caricatura di uno stupratore e di una vittima?
Per me è venuto tutto insieme, il testo e quest’idea goffa, fumettistica del personaggio di big boy. Lo immagino annoiato, violento per inerzia, per incapacità di farsi valere in altro modo. Ma non è cattivo, lo disegnano così, come Jessica Rabbit.
Sui media si parla morbosamente di stupri e di violenza sulle donne, e spesso vengono utilizzate formule che in qualche modo giustificano lo stupratore, lo stalker, l’assassino: si parla di come lei era vestita, o del movente della gelosia, “lui la amava troppo”. E in “big boy” mi approprio di queste formule, in fondo è solo amore. È solo amore: l’amore in un mondo in cui i modelli che ci vengono proposti sono basati sulla dicotomia di genere maschile come “attivo, forte, predatore” e femminile come “passivo, debole, preda”. È l’amore pornografico, di cui è facile fare una caricatura, perché è già grottesco, distorto, falso. big boy per me era un tentativo di tradurre tutto questo: non di denunciare un singolo atto, una singola persona, ma di guardare da fuori i ruoli a cui siamo educati, trovarli spaventosi, e scongiurarli attraverso una rappresentazione al tempo stesso disturbante e ridicola di quegli stessi luoghi comuni.
Che cosa significa dover emergere dalla scena underground?
Non lo so. Cerco di non pensare troppo al “dover emergere” – di mio sono già abbastanza ansiosa e dormo già abbastanza male. Faccio solo quello che sono capace di fare.
Che aria si respira a Milano dopo il Covid? È cambiato qualcosa da due anni fa?
È cambiato che un po’ di posti hanno chiuso o rischiano di chiudere, un po’ di progetti si sono sciolti. Ma penso che ci sia molta voglia di fare.
Come è nata la tua band formata da Vincenzo Parisi, Giacomo Carlone e Lorenzo D’Erasmo?
Quella formazione è nata in occasione di queste registrazioni. Lorenzo non suona stabilmente con noi, ci ha solo prestato le sue mani e i suoi tamburi, mentre Giacomo è diventato ufficialmente il nostro batterista. Con Vincenzo suono da molto tempo, ma siamo stati prima di tutto compagni di vita. Prossimamente suonerà con noi anche Cristiana Palandri, una chitarrista e musicista elettronica eccezionale. Mi piace chiamarci “band”, anche se siamo una formazione abbastanza flessibile, ci proponiamo anche come duo o trio e c’è qualche brano che ho sempre eseguito io in solo.
Quali sono i tuoi piani per il futuro?
C’è qualche concerto: a Milano, 12 marzo a Ex-Alge, 25 al Biko, 22 aprile al Bellezza. C’è l’EP che uscirà a maggio e in più nuovi pezzi anche in italiano in fase di cottura. Ho qualche bella idea che vorrei mettere in pratica per l’uscita dell’EP, ma non ne parlerò ora, non voglio creare troppe aspettative. Sono già abbastanza ansiosa.