La vera domanda è: può un cantautore oggi fare della splendida musica pop senza sentirsi in colpa? Può scrivere testi scevri di banali liste di luoghi comuni? Tommaso Di Giulio ci prova. Anzi, ci riesce. Per fortuna dormo poco, opera seconda per il cantautore romano, è la risposta migliore a quelle domande. Prima di tutto, perché Tommaso è un autore di canzoni formidabile, dotato di una versatilità e una capacità melodica invidiabile, lontano dal vetusto stereotipo del cantautore impegnato, di cui “contano solo le parole”. Invece, il nostro amico non si vergogna di permetterci di cantare i suoi brani, scrivendo ritornelli efficaci e melodie vincenti.
Secondo: Di Giulio riesce a non ripetersi praticamente mai. Ogni sentimento umano viene attraversato e messo in musica: il mood tragicomico di “Domenica: Natale” viene compensato dalla sorniona “Le mie scuse più sincere”, la sofferenza nostalgica di “Lievito” dalla malinconia sofferta di “Gli equilibristi”. Punto terzo: il disco suona bene, ma bene veramente. Una produzione d’alto livello e di respiro professionale chiude il cerchio, dando corpo e vita ai brani, tra uno spunto elettrico e una sfumatura acustica, sottolineando i vari umori del cantante e autore. Il risultato è un album di dodici canzoni una migliore dell’altra, con sicuri highlights quali la bersaniana “Farò colpo” e l’agrodolce “Trasparente”. Ma in Tommaso Di Giulio, veramente, il tutto è più della somma delle singole parti. Tommaso sparge frammenti del proprio Io monologante in ogni brano, che diviene sorta d’appendice simbolica della figura del cantautore, fino a darci quasi l’impressione di conoscerlo. Di sicuro quel che colpisce è l’arguzia dei versi, la capacità di parlare di sé e del mondo tramite i continui cambi di prospettiva delle liriche, che spesso slittano tra i significati con effetti spiazzanti.
Un disco con pochi punti deboli: vi consiglio di ascoltarlo più e più volte, al fine di coglierne le tante sfumature, dei suoni e delle parole. Potrete allora innamorarvi di ogni canzone, se la vorrete fare vostra.
Riccardo De Stefano