Si intitola “L’odore dei limoni” il primo disco di Costa, al secolo Angelo Costantini, cantautore abruzzese che approda a questo primo lavoro personale di canzoni decisamente pop, leggere e dense di quel gusto artigianale per i suoni e per lo storytelling cantautorale italiano. Un disco che scivola e che si cimenta anche con prove melodiche molto interessanti come il singolo d’apertura “Efofilefia e sbarandambamba”. Noi celebriamo il video di “Vento” che chiude in qualche mondo una serie di uscite e completa una narrazione che in fondo vuole abbracciare un po’ tutto il leitmotiv dell’opera: l’uomo, la sua emancipazione, una crescita personale. Almeno questa è la nostra chiave di lettura che poi, a dischi come questo, è obbligatorio poterne associare tante, personali e non.
Ritroviamo Costa dopo le diverse anteprima di questo lavoro. Che tempo è stato fino ad ora? Che cosa raccoglie oggi la musica?
Innanzitutto ben ritrovati e grazie per l’invito. Il tempo è stato alquanto burrascoso con qualche schiarita a tratti. Oggi la musica raccoglie frutti più virtuali che reali e porta a compimento un processo iniziato già da diversi anni. Il trapasso netto e categorico è avvenuto più che attraverso le tecnologie musicali per la produzione (esistendo già da più di un paio di decenni) con le tecnologie musicali per la diffusione, in primis lo smartphone. I generi fin qui dominanti hanno ceduto il passo spaesati a fenomeni emergenti a cui non si era dato, sino a pochissimo tempo fa, nemmeno un briciolo di credito.
Un disco come “L’odore dei limoni” è ampiamente ancorato dentro i margini di grandi classici. Dunque per te il futuro di questa musica che peso e che significato ha? Quanto incide?
Di sicuro il cantautorato con la “C” maiuscola è stato la mia guida e la mia ancora di salvezza. Arrangiare il disco inscrivendolo in questo grande “genere” è stato per me come avvicinarlo alla mia zona di confort, non avendo peraltro tempistiche produttive meno serrate per una ricerca di stile più dettagliata. Il futuro del cantautorato non lo conosco ma quello che so è che il classico in quanto tale non cessa mai di parlare al contemporaneo e dunque è un vero evergreen per definizione. Il cantautorato odierno sotto un profilo discografico rivive sotto le mistificate spoglie dell’Indie, quindi anche sotto questo riguardo un disco come “L’odore dei Limoni” non si presta ad essere un disco commerciale.
Perché i limoni Costa? Cosa rappresentano?
I limoni sono rappresentati nel loro potere di creare un incanto percettivo dato dalla simultaneità di colori, odori, percezioni tattili ed atipiche, un solletico sinestetico dei sensi, una tempesta sensoriale appunto.
Belli i suoni, composti e sagomati con grande mestiere. Una bella risposta a tanto lo-fi che oggi gira con troppa facilità. Tu cosa ne pensi?
Si, il disco è stato prodotto per cosi dire come si faceva una volta, ovvero con tanta attenzione e dettaglio alla registrazione di strumenti per lo più acustici e a tutto il processo di master.
D’altronde Domenico Pulsinelli che ne ha curato sia il suono che gli arrangiamenti, ha lavorato e collabora tuttora con i più grandi del cantautorato italiano. Penso infatti che dischi prodotti con questa attenzione si trovino attualmente solo in produzioni ad alto budget. Oggi è dirompente la produzione seriale con i software, i quali spingono sempre più in la’ la soglia di saturazione acustica con suoni da bombardamento che assuefanno e che creano assuefazione soddisfando un bisogno, per meglio dire un’ impulso, più fisico che spirituale.
A chiudere chiedo ad un cantautore: oggi ha ancora senso scrivere canzoni?
A questa tua domanda fino a poco tempo fa avrei risposto: di certo, la musica cambierà il mondo! Oggi ti rispondo in maniera molto più disincantata perché mi accorgo che la funzione della musica a livello generalizzato sia cambiata. Le canzoni sono diventate di mero intrattenimento, specchio di una società mediatica,confusa, pettegola e gossippara. Siamo stati capaci di raccogliere il peggio dai trend esteri facendone una copia-carbone grigiastra ed alquanto ridicola. In questo sistema di coordinate a chi dovrebbe parlare una canzone che ha tutt’altre intenzioni? A chi importa l’esperienza artistica della musica? A chi il suo potere di trascendenza?