– di Yna –
20.11.2021. È un novembre come gli altri, un weekend in cui muori e poi risorgi come tutti gli altri, in un locale sulla Prenestina, come molti altri. In realtà non c’è niente di quello che sto per fare come altre cose che ho fatto: non è un novembre come gli altri come mi sto raccontando, ma solo una menzognera strategia per non lasciarmi andare alla cosa, per tutelarmi un po’ e tenermi, perché la verità è che sto per andare a vedere un concerto, e andare a vedere un concerto, e avere la possibilità di farlo, non si può più dare per scontato.
Quando sei in un locale come Largo Venue hai quella tangibile sensazione di esserci già stato in qualche vita passata. Nel 2021 la vita passata ha un periodo molto preciso, non si perde nel concetto di ciclica reincarnazione in qualche animale diverso dall’uomo, ma si identifica in ciò che eravamo noi prima della pandemia, una pelle che abbiamo cambiato e che abbiamo imparato a lasciarci alle spalle. Rientrare nelle sale da concerto è avere la possibilità di ritornarci, nella pelle di quella vita passata, vedere se ancora ci sta bene addosso, se possiamo entrare per un attimo in quelle sembianze, con la consapevolezza però che tutto può di nuovo cambiare da un giorno all’altro. Andare a un concerto non è una routine, ma è vivere un deja vu: si sta incerti sul da farsi, ancora si sperimentano le distanze, come se a un certo punto ci dovesse essere un bacio, si inciampa e si sorride nei flash della mente e dei ricordi.
Ho pensato a tutto questo mentre indossavo il cappotto per andare al concerto di Leo Pari che cantava “Stelle Forever” uscito il 15 gennaio 2021, live che si aspettava da tempo, perché è ovvio che le canzoni non possono risuonare solo in un album. Vanno cantate, vanno condivise e spartite. Devono creare una terza dimensione. Il concept di “Stelle Forever” è un microcosmo rosa, viola e blu: universo femminile, intessitura di mondi, qualcosa di malinconico, un cuore che si intravede e si lascia andare. Fotografie nitide, presenza scenica ben delinata dal contrasto con i fari blu. Una musica che arriva, un quaderno che prende forma e si proietta in 3D nell’atmosfera, nella dimensione che è quella tra l’artista e il pubblico. Ma andiamo per gradi.
Prima di Leo, un artista che al pubblico ci arriva con incredibile disinvolura, con la voce, con la presenza, con il mondo, con il pensiero che si concretizza in voce e gesti: è Il Solito Dandy, che gira intorno al palco straziando parole e stringendo la platea nella meraviglia della sua nostalgica serratura emotiva. Si stringe intorno ai discorsi, li argomenta, li condivide e il palco è suo, siamo tutti intimamente suoi.
I racconti di Leo arrivano dopo questa apertura su questa nuova finestra, un occhio diverso sul mondo, da spettatore che attende di avere un ruolo principale. Ed ecco lì, Leo Pari a cantare “Stelle Forever”. Le canzoni si articolano leggere tra la folla che le conosce a menadito: “Le Donne Sono Come Le Stelle”, “Milano addio”, “Dobermann”, “Le cose tra noi due”, “Matrioska”. Un romantico universo che si concretizza nella musica come nelle persone, nella forma concerto che rende visibile il tutto. La contentezza dell’artista è la cosa che arriva più immediata, finalmente si può cantare insieme, finalmente si può condividere il suono e il mondo che si era costruito. Non c’è mediazione tra la musica e il pubblico: dall’inizio alla fine del concerto è il rapporto con il pubblico la cosa più tangibile che infervora e coinvolge anche i più scettici, anche i più stitici di musica e di concerti che ancora hanno paura di sganciarsi in queste occasioni. Il concerto è stata letteralmente una ventata di aria fresca, complici gli eccellenti musicisti. Tra loro si scambiano sorrisi complici e entusiasmo, ricreando un’ambiente familiare e un’atmosfera di affabilità tra persone che, in realtà, non si vedevano da un po’.
Il concerto di Leo Pari a Largo Venue è stato proprio questo: un appuntamento atteso da tempo in un luogo che è casa per tutti, e un abbraccio tra amici che si mancavano da un po’. Ecco la terza dimensione, di cui né le canzoni, né gli artisti, né il pubblico possono fare a meno e dare più per scontato.