“Coltelli” è il nuovo singolo dei The Heron Temple. Un nuovo capitolo che ci accompagna all’uscita del primo disco previsto per fine anno per il duo electro-pop siciliano, che segue il precedente singolo estivo “Sciogliersi un po’”. Un brano che suona come una dichiarazione d’amore e d’intenti, in un contesto in cui il rapporto vive della dicotomia tra il bene e il male. Affrontare il diverso essendone attratti, ma con la consapevolezza di essere già destinati a perdere. Nutrirsi del dolore per vivere una rinascita costante. Metà degli Heron Temple sono formati da Vincent Hank, che nella vita è tante cose ma anche copywriter.
Ciao Vincent! In cosa consiste il tuo lavoro?
Ciao ragazzi! Beh, al di là del mio lavoro con i The Heron Temple, che considero un lavoro a tempo pieno a tutti gli effetti, negli anni ho avuto la fortuna di poter fare parallelamente due professioni altrettanto artistiche e soddisfacenti. Da ormai dodici anni mi occupo di copywriting, il che significa tutto e niente, ma sono specializzato in marketing copy e link building. In pratica scrivo, scrivo ogni giorno: pubblicità, landing page, lettere di vendita, testi per video… insomma è un lavoro con i suoi alti e bassi. A volte ti ritrovi con un progetto “noioso”, inquadrato e molto tecnico. Altre hai carta bianca e puoi essere estremamente creativo. Devo dire che amo quello che faccio e non nascondo la soddisfazione nel vedere alcuni dei miei copy pubblicati da importanti aziende americane ed europee.
Inoltre sono il fondatore, insieme ad altri due soci, di una compagnia teatrale, Art Factory, che porta in scena parecchi spettacoli. Siamo estremamente specializzati nell’ambito musical, in quanto all’interno della compagnia abbiamo diverse figure professionali resident esperte in musica, danza, recitazione, lighting, produzione e costumistica. Siamo stati i primi a realizzare la versione italiana di The Greatest Showman oltre a produrre moltissimi altri musical, con un cast di circa 60 elementi. Solitamente io mi occupo della regia tecnica, ovvero seguo l’intero spettacolo e la produzione dietro un mixer. Quando guardate un musical se vi chiedete mai da dove arrivano le canzoni – perfettamente in battuta – gli effetti sonori, oppure ancora chi apre e chiude venti microfoni nello stesso momento… beh, sono io!
Come sei arrivato in questa posizione e come la concili con la tua attività musicale?
Ho iniziato a lavorare come copywriter quasi per caso, ma sempre grazie alla musica. Tantissimi anni fa, quando già suonavo in altre band, tra gli amici di Facebook c’era un redattore per una testata musicale online, che cercava “qualcuno in grado di scrivere e parlare perfettamente inglese per un progetto di copywriting”. Io abitavo a Londra, studiavo là e avevo tutte le caratteristiche per provarci: long story short, mi hanno preso. Ecco, da quel giorno ho imparato moltissimo, ho fatto tantissimi errori ma anche ulteriori passi avanti, lavorando su progetti che richiedevano competenze diverse. Ad oggi faccio il mio lavoro giornalmente, in totale autonomia… mi basta avere un computer!
Anche la famiglia Art Factory è nata grazie alla musica. Uno dei miei soci si occupava della direzione palco in un festival cittadino molto seguito, in cui i The Heron Temple furono invitati a suonare nel 2017. Da là abbiamo cominciato a collaborare con frequenza, diventando amici… quando mi ha proposto questa pazzia ero estasiato. E lo sono tutt’ora! Insomma, è facile conciliare questi impegni con quelli dei The Heron Temple.
Pensi che la tua professione abbia qualche influenza sul tuo modo di suonare e di fare musica?
Assolutamente sì, soprattutto per quanto riguarda il teatro! Lavorando assiduamente nella produzione e messa in scena dei musical, ho capito realmente l’importanza dello spettacolo nella sua totalità. Prima di quel momento per me il concerto era semplicemente salire sul palco e suonare e cantare al meglio delle mie possibilità. Da quando lavoro con Art Factory ho compreso cosa significhi avere le luci giuste sul palco, calcolare perfettamente i tempi tra un brano e l’altro, conoscere le dimensioni dello spazio in cui si svolge lo show per creare una disposizione ottimale. Insomma, non si finisce mai di imparare.
Hai qualche aneddoto o storia curiosa da raccontarci legata al tuo lavoro extramusicale?
Il mio compagno di band Valerio può testimoniare che una notte, dopo un concerto nelle Marche, sono rimasto seduto per ore sul cofano del nostro furgone perché l’hotspot prendeva soltanto là, per completare e consegnare un progetto.
Per quanto riguarda i musical invece, ricordo con divertita nostalgia che iniziammo portando in scena un grande Tributo Disney per i bambini delle scuole. Parliamo di 1000/1200 bambini ogni replica, al mattino, presto. Ecco, fino a quel momento per me “mattino presto” significava mezzogiorno… immaginate come sono state le mie prime esperienze, circondato da migliaia di cinquenni urlanti, alle 8.30 del mattino, mentre dietro un mixer cercavo di fare uscire al meglio la voce di Timon e Pumbaa…
Come vedi le prospettive future nel tuo ambito?
Beh, è una domanda da cento milioni! Amo il mio lavoro e ad essere onesto mi sveglio ogni giorno fiducioso, per affrontare al meglio nuove sfide. Ho la fortuna di poter fare maggior parte dei miei task da remoto, il che mi consente di viaggiare e lavorare in qualsiasi tipo di ambiente, dal “mainstream” Starbucks di Londra al backstage di un piccolo live club di Oslo – anche questo è capitato.
Da qualche anno, oltre al lavoro da copywriter freelance, sono entrato come chief copywriter all’interno di un’importante agenzia di Dubai, per cui ho la fortuna di avere un buon ritorno economico, unito alla totale libertà di viaggiare e fare altro in contemporanea. Spero che continui così perché preferisco lavorare sedici ore al giorno su più fronti ed essere felice, piuttosto che dovermi chiudere in un ufficio e rinunciare a tutto ciò che faccio.