– di Naomi Roccamo
e Giacomo Daneluzzo –
L’eccitazione di intervistare qualcuno che stimi particolarmente come artista e l’imprevedibilità che ne consegue proprio per questo, fra eccentricità e hype, è l’emozione che vorremmo trasmettere con l’esordio di questo articolo. Citando (più o meno) “Come la Juve” (da Radio Guarascio, Vol. 2).
Farei interviste per mangiare
Farei interviste per capire
Ma sei troppo coinvolta per capire
Noi due, Naomi Roccamo x Giacomo Daneluzzo, fin dai suoi primi pezzi siamo molto fan di questo [t]rapper (?), cantautore (?), insomma, artista imprevedibile e indefinibile, personaggio sui generis, misterioso e difficile da inquadrare anche per via della sua natura schiva, apparentemente poco interessata ai riflettori.
Dopo aver esordito con il singolo post-trap “Per quanto ti amo” e aver pubblicato una manciata di singoli su questa linea e alcuni feat con i Tauro Boys, inizia una fortunata collaborazione con Niccolò Contessa (I Cani), che produce il suo disco d’esordio Merce Funebre (42 Records, 2020), più vicino al cantautorato sperimentale e meno affine a tematiche e sonorità trap o simil-trap. Il suo ultimo singolo “Faccia Tosta”, sempre prodotto da Contessa, è un viaggio spiazzante tra il primo e il secondo periodo del progetto Tutti Fenomeni.
Abbiamo intervistato l’artista in occasione della sua partecipazione all’Apolide Festival, evento a cui si è esibito insieme ai colleghi Laila Al Habash (QUI l’intervista di Naomi Roccamo), Marco Castello, Carma MC, Nu Genea e Studio Murena. Lo intervistiamo al telefono mentre è in macchina con il suo staff, intento a raggiungere il festival, e ci appare molto più affabile e loquace di quanto ci aspettassimo, conoscendo il personaggio, pur rimanendo enigmatico nelle sue taglienti risposte, velate di ironia ed ermetismo proprio come le sue canzoni.
Ciao Tutti Fenomeni! Come ti senti? Sei pronto per l’Apolide?
Ciao! Sì, mi sento carico! Sono curioso di vedere che effetto mi farà provare questa cosa. Non lo so, insomma, non so come sarà. Però… Bene!
Merce Funebre è un disco analitico, elaborato. Invece il progetto di Radio Guarascio, di cui sono usciti due volumi, è un progetto in cui sembra che ti lasci più andare, la tua “radio dell’anima”. Riesci a essere più spontaneo in questo progetto? Qual è la sua genesi?
Sì, certo, lo diciamo anche che è la “radio dell’anima”, la “radio del demone”. Ovviamente mi lascio andare dal punto di vista, diciamo, ironico, ma anche approcciando le strumentali di canzoni non mie che conosco molto bene. Ne esce fuori quello che mi danno questi pezzi. Anche se questo non vuol dire meno impegno, c’è anche più spensieratezza. È un progetto fatto assolutamente per divertimento, nel senso che diverte a me farlo.
Ci sono altri volumi di Radio Guarascio che hai tenuto per te?
Ci sono altre Radio Guarascio che non saranno Radio Guarascio. Se mi esce fuori una frase, in un testo, che mi sembra adatta per una mia canzone la conservo e poi la utilizzerò. Ho questo fardello di frasi che mi porto dietro.
E come nascono queste frasi? C’è un processo creativo, diciamo, “tipico” o è variabile?
È variabile. Si tratta di attenzione alla realtà che mi circonda. Prendo da libri, film, altre canzoni, traduzioni errate di cose che mi piacciono. Creo, anche. Ma non è una cosa sistematica.
Hai mai avuto il timore di non essere capito o lanciare i tuoi pensieri verso l’esterno ti basta, ti soddisfa?
Non so se sia proprio un timore. «Il successo è la fortuna di essere frainteso», disse Eugène Ionesco. Penso che alla fine io sia fin troppo capito. Si capisce?
Nel film Santa Maradona si parla di “risposte che non vedono l’ora di venire fuori, se solo qualcuno ponesse le domande”. Alcune espressioni che usi nei tuoi testi sembrano delle credenze che aspettano di essere rivelate, dei punti fermi personali.
Uhm, mi fa piacere che qualcuno possa leggerle in questo modo, però non sono così evocate da me. Non nascono con quest’idea. Anche se io stesso non ho molto chiaro quello che faccio, quindi forse è vero.
Quindi le tue frasi comunque, nella tua intenzione, non sono asserzioni da leggere come tuoi punti fermi, giusto?
No, no, punti fermi non ne ho, assolutamente. Proprio perché non ho punti fermi, però, magari fingo di crearne per gli altri. Non è chiaro neanche a me, però va bene così.
Questo tuo cercare di stare lontano dai riflettori, come anche quest’uso di uno pseudonimo (Tutti Fenomeni) che copre un altro pseudonimo (Giorgio Quarzo) che a sua volta copre il tuo vero nome, ricorda il «λάθε βιώσας» («lathe biosas», «vivi nascostamente» in greco antico), motto dell’epicureismo che forse ti accomuna un po’ anche proprio a Niccolò Contessa. Che tipo di riflessione c’è su questo approccio al pubblico e in generale all’esterno?
Preferisco stare sotto alla riflessione che sotto ai riflettori. Bello, no? Giochi di parole a parte, non mi accomunerei a Epicuro e di sicuro passare molto tempo da solo con Niccolò Contessa mi ha influenzato un minimo. È anche crescere, secondo me, non voler stare troppo sotto ai riflettori in un determinato modo. Però quando ci sarà tempo e spazio per esprimermi e sarò completamente felice di quello che faccio sarò disposto anche a stare sotto ai riflettori, se potrò ancora starci. Non li cerco, ma spero, se arriverà quel momento, di starci comodo.
Quindi quella che stai vivendo potrebbe anche essere solo una fase del tuo percorso artistico, in futuro potremmo vedere un altro Tutti Fenomeni, con un altro approccio. Già anche solo fare dei live indica una maggiore esposizione.
Sì, sì, certo, esatto. Potrebbe essere una fase. Queste sono cose che si gustano piano piano. Penso che capirò sempre di più quanto mi piace espormi.
A proposito di questa collaborazione con Niccolò Contessa, com’è nata, come si è sviluppata, come ti ha influenzato? Non te l’ha mai chiesto nessuno, vero?
[Ride, ndr] Questa è quella domanda che mi sarei stupito se non l’avessi fatta. L’ho conosciuto casualmente, mi ha fatto i complimenti per il video di una canzone che era uscita, ci siamo conosciuti ed è nato un bel sodalizio. Spero che io non l’abbia esaurito, perché per me potrebbe continuare a lungo. Mi ha influenzato come t’influenzano le relazioni: lo frequento per una quantità di tempo tale per cui si è creato un rapporto di stima e di amicizia. Però non direi che mi abbia influenzato, insomma, come una sorta adepto.
Seguiamo il tuo progetto da “Per quanto ti amo”; che rapporto hai con l’estetica e il linguaggio di questa prima fase del tuo percorso?
Sì, “Per quanto ti amo” è stato proprio l’inizio di tutto. Quello in realtà per certi versi è stato un apice. Oggi lo ripudio, però… No, non lo so se lo ripudio, non riesco troppo a rivedermici, ecco.
È anche normale, sono passati anni…
No, certo, normalissimo.
A questo proposito una cosa che si potrebbe notare nella tua storia discografica è che forse con Merce Funebre hai creato un’estetica fatta di elementi, per così dire, più “ampi” rispetto a prima. In questo immaginario il tuo rapporto con la cultura risulta un argomento centrale: come vivi questo rapporto, com’è, per te? Come mai questa scelta?
Ero esausto del modo di esprimermi che utilizzavo prima. Prendendo vari riferimenti, volevo metterci dentro tutto quanto, tutto ciò che consumo e il motivo per cui lo faccio, senza preoccuparmi di se e quanto sarebbe piaciuto. È una strada che penso di continuare.
La tua carriera può essere divisa in due fasi: “Faccia Tosta” sembra riferirsi al passato e a questo passaggio dalla prima alla seconda fase, tesi accreditata dalla frase che hai scritto su Instagram: «Nella vita dell’artista come in quella del contadino bisogna andare avanti e tornare indietro altrimenti si finisce a zappare terra incolta».
Era una burla! Mi sembrava ad hoc per quel pezzo. Oltre al testo e alle tematiche, che possono far sì che uno non torni mai indietro, invece la musica è qualcosa di tale per cui se delle note risuscitano, se delle melodie del passato tornano, tutto risulta ciclico. La melodia non te la scordi: se impari a usare il passato remoto non torni a parlare come un bambino, mentre invece la melodia è senza età, per così dire. Questo pensiero viene dalle sonorità, dalla musica, le autocitazioni e il senso generale vengono dopo.
Abbiamo finito le domande, ma ci sarebbe una curiosità personale. Che cosa sono i sogni disrespectful che nomini in “Faccia Tosta”?
[Ride, ndr] Non lo so! C’è stato un cambio di parola alla fine, perché mi piaceva. Originariamente la frase era: «Faccio solo sogni ricorrenti». Ho cambiato così, perché “disrespectful” è una parola che usavo molto, un tempo.
Grazie mille, è stato un piacere! In bocca al lupo per il live e buon proseguimento del tuo percorso.
Anche per me è stato un piacere! Grazie mille, ciao!
APOLIDE FESTIVAL 2021 – PROGRAMMA:
SABATO 24 LUGLIO
MAIN STAGE
FABIO FABIO aka Marco Foresta Ivreatronic
MARGHERITA VICARIO
TROPEA
GENERIC ANIMAL
GINEVRA
PARADE78
IGNIFERI in The Alchemy of Inner Fire
DJ STEFANO PRIMO AMORE
PARADE78 in Play
T-VERNICE
MIKE ROLLING in Non è colpa mia
CIRCO PACCO in 100% Paccottiglia
MARCO MOU
PARADE78 in Play
MADAME PISTACHE in Grand Cabaret
ZYP
GAMBO
BUSKERCASE
LE COSE IMPORTANTI
CHERIAC RE
GIANLUCA FOLÌ presenta Ostinato Sguardo (Illustratore Italiano Editore)
ROSSANA DE PACE
SELLI
DOMENICA 25 LUGLIO
MAIN STAGE
BRUNO BELISSIMO
FULMINACCI
THE WINSTONS
WHITEMARY
NERVI
PARADE78
IGNIFERI in The Alchemy of Inner Fire
ANDREA PASSENGER
PARADE78 in Play
INDIANIZER
AVA ANGAR in Il Salotto di Ava
CIÈOCIFÀ in Tre Piccioni con una Favola
STELLA MARASCIULO
PARADE78 in Play
CIRCO PACCO in 100% Paccottiglia
MANIAXX
GAMBO
BUSKERCASE
DUOPOTRIO
FRANCAMENTE
ENRICO PETRILLI dialoga con COSMO di Notti Tossiche, il suo ultimo saggio su clubbing e piaceri elettronici.
IRENE BUSELLI
CANTA FINO A DIECI