– di Naomi Roccamo –
Giovanni Artegiani è incredibilmente bravo e quell’incredibilmente non è un pregiudizio ma è dovuto all’euforia per la nostra conoscenza casualissima.
Quante probabilità c’erano che, durante un viaggio a Bologna, amici in comune mi portassero a scoprire un giovane cantautore di mio gradimento? Forse non molte.
E invece canzoni come “Vita”, “Luna”, “Segreto” e la più recente “Lei 1 Lei 2” approfondiscono concetti nascosti, come un sassolino che, una volta lanciato, crea delle piccole onde che si propagano.
Il suo primo singolo in assoluto, “Vita” è un inno del dolore e in questi giorni resiste e persiste nella mia testa.
Classe ’96, perugino ma trapiantato nella frenesia bolognese di recente, ha alle spalle dei piccoli testamenti emozionali, cioè delle canzoni scritte in questi importanti anni transitori, un EP, Luna, una serie di cover su YouTube e l’apertura di un concerto di Brunori Sas e non solo.
Ho colto l’occasione dell’uscita di “Lei 1 Lei 2” (Revubs Dischi, distribuita da Artist First) per conoscerlo meglio.
E quindi un giorno a Bologna ti sei svegliato e invece di guardare il soffitto dopo aver aperto gli occhi o di passeggiare a caso hai preso e sei andato a registrare poco per volta le tue sette canzoni. Com’è che si inizia, dove si trova la spinta?
Quello che trovi su Spotify in realtà sono pochi pezzi , ma io già a 18 anni, durante l’ultimo anno del liceo e in piena maturità, sono andato a registrare in uno studio a Catania. Alla scrittura mi ero già avvicinato qualche anno prima, verso i 16 anni. Una piccolissima etichetta super amatoriale mi ha accolto e ho realizzato questo mio primo album (che su Spotify non c’è), che mi ha aperto un po’ di strade. Ho vinto vari premi, fra cui il premio Lucio Dalla e ho iniziato a suonare in giro. Quell’estate è stata una svolta. Su YouTube ci sono delle suonate un po’ più intime, a me piace molto suonare in acustico. Fra quel primo album e l’EP uscito l’anno scorso è passato un po’ di tempo, perché mi son preso il tempo per maturare stilisticamente e cambiare un po’ di cose, ma anche adesso. Diciamo che sono due lati di me che convivono. Su quell’EP avevo deciso di mischiare il mio stile hip hop cantautorale con delle cose anche trap, dei bassi, ho usato l’autotune. Adesso ho sentito la necessità di tornare all’ovile, squisitamente pop, anche con “Lei 1 Lei 2”. In questo sono stato agevolato anche dalla mia nuova etichetta, Revubs, prima era tutto autoprodotto.
I cantanti emergenti che vivono in città grandi forse sono anche limitati da una certa competizione, da un sovraffollamento. Tu vieni da due città più piccole, in cui emergere è qualcosa di più graduale. Poi nominando Perugia mi vengono per forza in mente i Fast Animals And Slow Kids e Aimone, che mi sembra molto interessato e disponibile a supportare chi vuole intraprendere un percorso musicale
In realtà vivo da poco a Bologna, sono di Perugia e ho vissuto lì fino a ottobre. A Perugia la difficoltà è molta, non c’è possibilità come a Roma o Milano. Ho avuto la fortuna di collaborare con un produttore molto bravo e abbiamo fatto tutti gli arrangiamenti di “Vita” e lì ho trovato la mia dimensione. Adesso pian piano con le riaperture sono curioso di scoprire anche Bologna. E Aimone è un grande, decisamente, super attento alle cose nuove e umanamente da stimare. E poi organizza l’Umbria che Spacca, un festival che adesso sta diventando molto grande, quest’anno c’erano Niccolò Fabi, i Coma Cose e Frah Quintale. Ho avuto la fortuna di suonare su quel palco in apertura a Motta.
“Lei 1 Lei 2” è, contenutisticamente, un po’ lo specchio di come sei tu quando ti innamori o rappresenta un’eccezione per te?
Beh, bella domanda cavolo. Sicuramente è un po’ insolita, non è la regola. La Lei 2 non è qualcosa che ti vivi per forza bene. Quando iniziano a essere coinvolti tuoi e non solo non è più solo goliardia, anzi è importante. Di sicuro non è qualcosa che ricerco, è qualcosa che è capitato e forse non è successo solo una volta. C’è un po’ questa tendenza che però rischia di disgregarsi facilmente è come se non fossi davvero obbiettivo nel momento, quando mi butto a capofitto. Dopo emergono le normalità e non le eccezionalità delle persone e ti ritrovi come un fiore inaridito. Poi vabbè a volte proprio ti innamori e lì cambia tutto.
Il quasi amore è sempre così problematico!
Esatto, penso che tu abbia dato la definizione perfetta, quasi amore.
Ormai credo di aver capito che avere poco più di 20 anni nel 2021 è difficile. In “Vita” parli della tua personalissima versione di questo?
Sì, parla di periodi a cui si va incontro e in cui sembra che sia tutto nero per tot tempo. L’ho scritta quando è successo qualcosa di bello che ha scardinato quel momento nero. Una cazzata ti può svoltare, in quel caso fu il messaggio di una mia amica; erano le 18 del pomeriggio e in quel momento di down un suo messaggio, un imput, con il sole, in quel preciso momento mi ha fatto scattare qualcosa, la mia prospettiva è cambiata. Ed è partita la prima strofa. Ciò ti fa capire che il tuo stare male è sempre relativo ed è in qualsiasi momento influenzabile anche da cosa inaspettate, che c’è speranza che vada via.
Credo che l’imprevedibilità di tutto ciò sia tanto bella, proprio perche modificabile inaspettatamente, quanto faticosa sempre per lo stesso motivo. Non ci sono tempistiche né logiche a cui aggrapparsi
Secondo me però è più prevedibile il male che il bene. Perché il secondo non te lo aspetti, è più improvviso. Il male parte sempre da un archetipo di male che ognuno di noi ha dentro, è circolare. Le caratteristiche sono quelle, anche se elastiche.
Quasi tutti i titoli delle tue canzoni si limitano a una parola. Per “Dua Lipa” è una quasi eccezione trattandosi di un nome proprio, ma te lo concedo. In un’epoca in cui i titoli somigliano sempre più a delle perifrasi tu agisci d’impatto, spari ad effetto. Ci hai pensato o è casuale?
Sì, ci ho fatto caso e tendenzialmente è una cosa che mi piace, preferisco il titolo diretto. “Dua Lipa” potrebbe quasi valere e rientrare in questi dai, ride ndr. Le mie eccezioni potrebbero essere “Passa tutto” e proprio “Lei 1 Lei 2”. Poi in effetti dentro l’EP Luna trovi anche “Rastrelli” e “Segreto”, che confermano tutto ciò.
L’indie è un po’ ridondante in questo. I titoli lunghi straniscono, però è anche vero che incuriosiscono. E tu sei ancora fierissimo di tutti i pezzi che hai pubblicato o qualcuno inizia a essere personalmente anacronistico?
Di quelle che trovi su Spotify direi di sì. Diciamo che quando i miei amici mi chiedono di suonarne qualcuna risalente al liceo a un live mi oppongo, ride ndr. Mi fa piacere che le richiedano, ma rimangono confinate a quel periodo lì.
È importante a un certo punto che le tue canzoni parlino per te senza mediazioni, che tu abbia un biglietto da visita pronto all’uso, ma non è scontato. Ai grandi artisti credo succeda inevitabilmente, dopo averne fatte troppe.
Sì, assolutamente. Samuele Bersani in primis ho letto di recente ha provato questa cosa verso alcune sue vecchie canzoni. Ma succederà anche agli attori rivedendosi nei film. Forse succede al mondo dell’arte in generale ed è inevitabile.
E anche in questo caso, quando poi a distanza di anni sei ancora soddisfatto è una sorpresa piacevole. Torna il discorso di prima sul bene. Invece per i live hai già in mente qualcosa?
Vorrei ritrovare il il contatto con qualche localetto, ne ho puntato qualcuno a Bologna, la scena è abbastanza attiva ora. Ma anche a Perugia. A settembre andrò in Olanda qualche mese, quindi per me sarà un’estate un po’ strana. Ma annuncerò presto tutto.