– di Martina Rossato –
Abituata ad intervistare artisti super emergenti, che magari hanno all’attivo ancora pochi singoli o qualche album, qualche tempo fa ho avuto invece il piacere e l’onore di intervistare Michele Orvieti, tra i fondatori del progetto musicale Mariposa. I Mariposa sono una band tutt’altro che emergente, fondata nel 1999 a Bologna, che finora ha prodotto dodici album, oltre a moltissime live. È uscito l’11 giugno Mariposa Interzona, album che contiene la registrazione integrale di un live del 2005.
Da allora, i Mariposa sono cambiati molto, ma senza mai perdere la loro identità. A proposito di tali cambiamenti, Michele racconta:
Siamo un gruppo strano. Siamo stati fermi per tanto tempo, siamo ripartiti, abbiamo cacciato il cantante a calci in culo [ride, ndr], poi siamo tornati insieme, lo abbiamo cacciato di nuovo, ci siamo depressi, ci siamo messi in pausa, da questa pausa è nato Liscio Gelli, siamo tornati sui palchi. Ma la mentalità è sempre rimasta quella: cercare di realizzare dischi che non siano solo dischi, dei concerti che non siano solo concerti. Il disco può diventare anche radiodramma, può avere delle evoluzioni. Cerchiamo di creare delle esperienze che possono portare ad altro e trasformarsi, pur rimanendo lo spirito creativo originale.
I Mariposa che sentiamo in Mariposa Interzona sono i Mariposa con il leader carismatico Alessandro Fiori, con il quale a un certo punto era diventato difficile suonare. Adesso siamo tornati a suonare insieme. Già nel 2020 era capitato che Alessandro ci fosse venuto a trovare per un concerto. In quella occasione ci fu un piccolo riavvicinamento. Da Mariposa Interzona sono entrati nella formazione Valerio Canè, Daniele Calandra, che faceva parte del primo gruppo esterno ai Mariposa prodotto dall’etichetta Trovarobato, gli Addamanera, Serena Altavilla, che ha portato un po’ di “praticità”, nel senso che viene da Prato [ride, ndr]. Serena è una cantante e musicista sopraffina, tra l’altro è da poco uscito il suo primo album, Morsa [di cui ho avuto il piacere di partecipare alla conferenza stampa di presentazione, ndr].
Di cambiamenti, insomma, ce ne sono stati tanti, ognuno di noi ha la propria vita e il proprio lavoro, non sempre in ambito musicale. Il mondo della musica è fatto di grandissimi musicisti che non sono però dei professionisti, che non fanno della musica il loro unico lavoro. Questo dice molte cose, e non particolarmente belle, per quanto riguarda il ruolo della musica nell’ambito lavorativo in Italia. Questo è un periodo particolarmente difficile per tutti, specialmente per chi si muove nell’ambito della cultura e dello spettacolo. Durante il lockdown ci sono state varie proteste, i musicisti hanno rivendicato il proprio ruolo, ma credo che sia purtroppo evidente che lo Stato italiano consideri i lavoratori dell’ambito dello spettacolo sacrificabili. Io stesso, che mi sono sempre mosso nell’ambito della musica, dello spettacolo e della cultura, ho fatto per tre mesi il postino.
Siamo sempre di fronte al famoso “Ah ok, fai il musicista. E per vivere?”. È molto triste che sia così, poi il periodo non aiuta certo. A proposito, come è nata l’esigenza di pubblicare questo live del 2005 proprio in questo momento, anche storico?
Purtroppo o per fortuna, i Mariposa hanno sempre fatto le cose sull’onda di una specie di illuminazione, di un entusiasmo. Io credo che la cosa sia nata così anche questa volta. Dico lo credo perché nell’ultimo anno, le questioni riguardanti Mariposa e soprattutto Trovarobato sono gestite da Gianluca Giusti, che sta portando avanti un interessante lavoro di riscoperta di materiale di archivio e di materiale come questo rimasto nel cassetto. La risposta semplice è che negli anni in cui coi Mariposa facevamo una discreta quantità di concerti, registravamo spesso i nostri live. A volte in maniere molto di servizio, coi microfoni piazzati a cavolo e i sistemi di registrazione un po’ scrausi. Altre volte, invece, in maniera molto più professionale. Questo concerto di Interzona (Verona) è stato registrato con una buona qualità professionale e probabilmente è stata anche una serata che ci è venuta particolarmente bene. Visto che siamo in pausa, che il mondo della musica è stato in pausa e sta timidamente tornando a suonare, abbiamo pensato che questo potesse essere il momento giusto per rispolverarlo, dargli una pulitina e pubblicarlo.
La risposta meno semplice mi è venuta in mente parlando di questo disco con degli amici e colleghi di C+C=MAXIGROSS. In questo momento hanno fondato una realtà che diventa etichetta, centro di produzione, collettivo, che si chiama Tega. Tega è una parola veronese che ha un significato difficile da definire. sostanzialmente è una specie di intuizione lisergico psichedelica collettiva. Parlando con loro, ho detto che questo live è veramente “tega”, un questo oggetto sonoro musicale che risplende di una luce propria. Abbiamo pensato che sarebbe bene non ascoltarlo solo fra noi, nei nostri gruppi WhatsApp, ma promuoverlo anche all’esterno. Così abbiamo fatto. Spero sia un bel regalo non solo per chi i Mariposa già li conosce, ma anche per chi comincia ad ascoltarci per la prima volta con questo disco. La sua particolarità è che ci sono dei momenti di concerto che sono un misto tra canzone, improvvisazione e suite di brani. Poi, pur essendo vecchi nel tempo, a mio parere sono ancora molto attuali. Adesso siamo molto distanti da questo tipo di brani, l’ultimo disco che abbiamo fatto, Liscio Gelli, è un panorama di suoni completamente differente, ma Interzona non ha perso nemmeno un millimetro della sua freschezza.
Comunque, i Mariposa si sono sempre contraddistinti per il fatto di sperimentare con i suoni, sperimentare generi diversi…
Sì, nel bene e nel male, il fatto di suonare generi diversi è sempre stata una nostra caratteristica. All’inizio i Mariposa erano un quartetto senza bassi e batteria. Dovevamo fare canzoni simulando con gli altri strumenti la sezione ritmica. Questo ci rendeva molto bizzarri, ci faceva uscire dai suoni canonici. Poi ognuno di noi ha portato i propri ascolti, che sono diventati ascolti condivisi. Per esempio, il grande amore per i Gong, gruppo ascrivibile al cosiddetto progressive rock, ma fondamentalmente una comune hippie psichedelica che giocava con i generi. Sono una delle realtà musicali cui ci sentiamo più affini, fino a idolatrare il loro leader, Daevid Allen. Un concerto memorabile è stato quello della Flog di Firenze nel 2007, quando abbiamo suonato in apertura a un concerto di tre grandissimi musicisti prog, tra cui Daevid. Abbiamo avuto la grandissima fortuna di poter eseguire un brano dei Gong con la voce di Daevid Allen. Emozione immensa. Daevid ha cantato anche in un nostro disco, Mariposa omonimo, del 2009. C’è un brano, “Clinique veterinaire” in cui canta Daevid. Ci sono sempre piaciuti la psichedelia e il prog, inteso come piacere nel giocare con gli oggetti musicali, nel trasformarli, nel cambiare e danzare tra i generi musicali. Poi sicuramente bisogna citare la canzone d’autore, Lucio Dalla, Ivan Graziani… e la minimal music, musica ripetitiva degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, soprattutto degli Stati Uniti.