Monsieur Voltaire – 33
33 è l’album di debutto di Monsieur Voltaire, il progetto solista di Marcello Rossi.
Già chitarrista affermato in diverse formazioni toscane di metal crossover e di noise rock, dal 2010 si cimenta come songwriter di rock psichedelico, fortemente influenzato dalla musica ambient, dalla drone music e dal sound caldo ma aspro delle band anni ’70.
L’album è molto compatto e consta di 8 brani “di genere”. Sarebbe sciocco relegare il lavoro nella corrente di rock revival, perché la perizia con cui gli elementi del vecchio sono amalgamati con quelli del nuovo fa rivivere dei piccoli azzardi sonori di cui non si godeva da anni. Il sound di 33 è corposo e stratificato, ogni canzone è una costruzione in alte pareti di suono, dove le chitarre si sovrappongono ai bordoni, e le voci – tante voci! – rimangono volutamente piuttosto dentro.
Dalla traccia d’apertura, “The run”, lenta nel ritmo ma perforante nel ritornello (See how they run, ricorda i versi di “I am The Walrus”), si passa a “Last place”, con una interessante progressione di psichedelia a base di noise.
Il brano “Ray Land” è chitarre acustiche e dobro, è slide guitar e spazzole sul rullante; una ballata country blues dalle atmosfere solari che introduce il cuore dell’album.
“The Shine” è l’architrave su cui poggia 33. Gli arpeggi alla Donovan, la voce impeccabile e tanto tanto drone dall’inizio alla fine. La lunga coda rumoristica va di fatto considerata una parte vera e propria del pezzo e non soltanto una conclusione: il feedback, le dissonanze, i battimenti, e le parti al contrario, creano un universo sonoro che per un attimo ci fa dimenticare della nostra precisa collocazione temporale. Non è Brian Eno, e non è soltanto musica ambient.
Il quinto pezzo è “Waiting to be killed”, il cui incipit con la goccia altissima ripetuta singolarmente è – troppo – di floydiana memoria. Il bordone ambient, che rimane in circolo per tutto il brano, e gli strumenti acustici si fondono ai suoni reverse, ed è evidentemente centrato l’obbiettivo di rumoreggiare con stile, di esagerare con cognizione di causa, di creare costruzioni sonore per sovrapposizione, ai limiti della difficoltà d’ascolto.
Se con la ballata country eravamo nella campagna toscana, le percussioni di “Higher than the sun” ci portano lontano sulla costa. Un clima solare dichiarato anche nel titolo che si accumula negli ultimi istanti quasi claustrofobici.
Chiudono l’album “Emily”, la fresca ballata brit che aspettavamo per tornare di nuovo a Londra tra la fine dei ’60 e l’inizio dei ’70, e “Purgatory”, umile chiosa tra chitarre acustiche e banjo.
Circa mezz’ora di album che passa più che piacevolmente, e in cui si riesce ad apprezzare la rifinita produzione, curata dal giovane ma accreditato Carlo Barbagallo. Realizzato dalla Noja Recordings e dalla White Birch Records, il disco è in perfetto equilibrio, sempre fluido per la notevole componente di drone, e di melodie solenni ma inusuali.
L’auspicio è quello di ascoltare presto nuovo materiale di Monsieur Voltaire, e magari con la novità dei testi in italiano, sdoganando definitivamente il binomio Musica sperimentale di qualità/testi in inglese.
Luca Secondino
Listen to MONSIEURVOLTAIRE”New days” by Marcello Rossi 1 #np on #SoundCloud
https://soundcloud.com/marcello-rossi-1/monsieurvoltairenew-days