È uscita venerdì 14 maggio 2021 “Wind, Rain”, il nuovo singolo della cantautrice veronese di origini nigeriane Anna Bassy. Anna ci fa entrare nel suo personalissimo mondo di atmosfere subacquee, dove convivono soul e movenze elettroniche. Il brano nasce da un arrangiamento di sole voci, e prova così a descrivere un senso di smarrimento, l’incapacità di progredire, e di contro un movimento interiore inarrestabile dei pensieri, un movimento che destabilizza e che è paradossalmente, la causa dell’immobilità.
Ecco cosa ci ha raccontato!
Sappiamo che il brano è nato da un arrangiamento di sole voci. Hai voglia di spiegarci bene come è andata?
Il brano è partito di getto con una linea vocale, sulla quale ho armonizzato altre voci, che è diventata la mia “base” sia ritmica che armonica. Su questa base poi ho cantato la melodia del brano, abbozzando già un testo, che non era molto diverso da quello che poi ho registrato. Tra sala prove e studio, con la band e il produttore abbiamo sperimentato un po’ di soluzioni, ma alla fine abbiamo deciso di partire dall’arrangiamento vocale iniziale e costruire su quello il resto, per mantenere l’intenzione e l’intensità con i quali il brano era nato. Avevo chiare le sensazioni che volevo trasmettere, e non volevo che si perdessero.
Chi è Anna Bassy? Come è si è avvicinata alla musica?
È difficile anche per me definire Anna Bassy: direi che è tante cose, tante esperienze… La definirei una persona in cammino, ecco, in ricerca, nella musica come nella vita. Per quanto riguarda il mio rapporto con la musica… Se vado indietro nel tempo, trovo sempre un brano, un ricordo musicale che mi fa pensare che la musica abbia sempre fatto parte della mia vita, in maniera molto spontanea. Mi è sempre piaciuto cantare – ho fatto parte di alcuni cori, in chiesa, a scuola – e ascoltare musica. Da adolescente spendevo i soldi che guadagnavo facendo la cameriera nel finesettimana in CD e riviste musicali. Ascoltavo molto hip hop, soul e r’n’b e in quel mondo mi vedevo rappresentata. Ho cominciato a studiare relativamente tardi, a vent’anni, e da lì sono partite anche le prime esperienze live.
Pensi che in qualche modo ci sia una qualche forma di discriminazione nella musica? Se sì, di che tipo? Se no, da cosa deriva un successo di un progetto?
Penso che la musica non sia un mondo a parte, è fatta dalle stesse persone che incontriamo e che siamo tutti i giorni. Quindi sì, ci sono discriminazioni. È un mondo che, a volte, funziona per raccomandazioni o che si basa più sulle tendenze e su come ti presenti, piuttosto che su ciò che effettivamente dici. Ma sono anche convinta che un progetto che ha alle spalle duro lavoro e la volontà di comunicare qualcosa di autentico possa trovare il proprio spazio, il proprio pubblico.
Di cosa parla “Wind, Rain”?
“Wind, Rain” racconta di pensieri che girano a mille nella testa, creando un senso di smarrimento, incapacità di progredire, di andare avanti. Parla di come questa sensazione renda difficile talvolta lo stare con gli altri, far loro capire alcune tue reazioni, i tuoi atteggiamenti, perché a volte è incomunicabile quello che si prova. Ma è anche un’ode alla natura, che in questi momenti può darci sollievo, riconnetterci.
Come stai in questo momento?
L’uscita di un brano richiede molta energia, ma me ne dà anche molta. In questo momento sono concentrata su questo: certo, a volte subentra un po’ di apprensione, e poi ciclicamente sono solita mettere in discussione le cose che faccio, ma in ogni caso dedicarmi alla musica mi rende felice.
II Covid ha rallentato o cambiato qualche tuo piano?
Sì, avevamo in programma di far uscire l’EP lo scorso anno e ovviamente sono saltati dei concerti già fissati. Poi, non è stato facile reagire nell’immediato, anche semplicemente metabolizzare quello che stava succedendo mi ha preso del tempo, che non sono riuscita a dedicare alla musica. Ma non ho voluto soffermarmi troppo sul “come sarebbe andata se…”: ripartiamo da ora, da quello che è in questo momento.