Si intitola “Animas” questo nuovo disco firmato da Beppe Dettori e Raoul Moretti, un duo che ormai sta segnando grandi pagine della musica contemporanea che, dalle radici sarde si contamina poi di un mondo intero di suoni, dall’elettronica alla tradizione, dai tanti generi che investono non solo la canzone d’autore che si apre ad atmosfere sognanti e fiabesche come nella title track ma anche in bassifondi noir, quasi fumosi di visioni urbane dentro “Anime confuse” dove svetta da un lato la tromba di Paolo Fresu e dall’altro questo incipit tra vocalismi antichi e suoni futuristiche che impediscono qualsiasi tipo di orientamento. Meraviglioso questo sax alto firmato da Gavino Murgia in “Distopie di Orwell”, un brano “destabilizzante” quanto il titolo che investe le reminiscenze di una certa letteratura senza tempo. E poi incontriamo anche Franco Mussida a firmare la collaborazione dentro un brano come “Figiura’”, forse uno dei pochi momenti più aderenti ad un ascolto popolaresco in senso alto del termine. Inatteso un brano come “Ommini d’eba”, un viaggio dal sapore celtico lungo i contorni del lago di Como con i suoi dialetti e le voci rese scure dagli interventi di un ritrovato Davide Van De Sfroos. E tantissimi sono gli altri interventi che arricchiscono il suono e il vocabolario di questo prezioso lavoro, dai Cordas e Cannas ai FantaFolk, da Max Brigante a Andrea Pinna e Giovannino Porcheddu, Federico Canu e tanti tanti altri. Un disco corale, un disco di anime, un disco che significa tanto per l’uomo e per il suo sentire, oggi soprattutto, in questo tempo apocalittico. La chiusa di questo disco è un omaggio a Peter Gabriel con “Fourteen black paintings” che qui verrò a chiamarsi “Battordichi pinturas nieddhas”.
Nuovo disco per il duo Dettori e Moretti. Anche se questo ci sembra essere un disco di un collettivo. Non credete?
(Beppe Dettori)
In un certo senso si! Un collettivo di amici e musicisti di grande spessore artistico e umano. In verità l’idea iniziale era di coinvolgere due o tre entità artistiche. Abbiamo cambiato idea visto il risultato delle iniziali collaborazioni, meravigliose, che ha moltiplicato l’entusiasmo in noi e la voglia, più che necessità, di suonare assieme ad altri musicisti in quasi tutti i brani. Un confronto creativo, puro e sincero senza troppe sovrastrutture.
(Raoul Moretti)
Alla fine è nato un lavoro che ha coinvolto moltissimi amici e splendidi artisti con i quali c’era una condivisione di esperienze e stima reciproca. Tuttavia l’idea iniziale di centralità del nostro sound e del nostro tipo di linguaggio è presente in tutto l’album, ed ogni singolo apporto è stato pensato in funzione al brano ed alle sue atmosfere.
Alle tante collaborazioni intervenute avete chiesto di portare la loro voce e la loro ispirazione o avete chiesto semplicemente di realizzare delle partiture scritte da voi?
(Beppe Dettori)
No, appunto, abbiamo chiesto loro, semplicemente di essere liberi di potersi esprimere senza alcuna “guida” da parte nostra. Perciò è diventato un progetto ad alta tessitura creativa e profonda onestà.
(Raoul Moretti)
Il nostro intervento non poteva essere limitante verso la creatività degli artisti coinvolti. Il nostro è stato solo un indirizzo. Conoscendo le doti artistiche e la tipologia di apporto che potevano dare sapevamo dove inserirli e come avrebbero suonato. È stato entusiasmante per noi ricevere i contributi e sentire come “risuonavano” perfettamente nel lavoro.
In questo senso quanto il risultato finale è stato anche frutto di improvvisazioni e idee non previste a priori?
(Beppe Dettori)
La nostra cifra stilistica si fonda su l’improvvisazione e la follia. Chiaramente abbiamo strutturato i brani e preparato le piattaforme in modo che gli ospiti potessero trovarsi a proprio agio nell’espressione e nell’azione. Sapevamo già in quali brani avremmo riscontrato più improvvisazione e in quali invece fosse stato necessario avere più struttura canzone.
(Raoul Moretti)
Da una parte è il risultato di una serie di strutture pensate, stratificazioni arrangiamenti, dall’altra parte abbiamo cercato di mantenere quella freschezza data dall’improvvisazione, specialmente in qualche brano. Inoltre anche quando ci confrontiamo con le strutture ci piace inserire degli elementi che le “deformino” o qualche elemento che sorprenda.
In rete troviamo un lyric video per il singolo “Sardus Pater”: non avete mai troppo dato peso all’estetica di oggi, tra foto e video. Posso chiedervi perché?
(Beppe Dettori)
Qui evincono le difficoltà oggettive della preparazione del progetto che si fondo decisamente su la performance live e poco su l’estetica o il trend. Sembra, poi, una scusa dare la responsabilità al Covid, ma è proprio così. È stato un forte aggravante per la realizzazione di videoclip o ulteriori azioni utili alla promozione. Costretti perciò a metter sul piatto quello rimasto in dispensa. Impossibilitati a fare un minimo di progettualità, per non contare la completa assenza di linfa vitale data dai concerti.
(Raoul Moretti)
Anche questo nostro progetto è frutto di una auto produzione, non solo artistica, che coinvolge tutti gli aspetti. È una questione di priorità non potendo in questo momento storico sostenere il tutto, contiamo comunque di far seguito anche a questo aspetto.
Bellissima l’omaggio a Peter Gabriel a chiusa del disco. Come mai questa scelta?
(Beppe Dettori)
Peter Gabriel è in assoluto un punto fermo per noi. Sia per lo stile che per la bellezza e profondità di tutte le sue produzioni. “Battordichi pinturas nieddhas”, cioè “Fourteen black paintings” chiude l’album con la speranza, che è quello che noi ci auguriamo e speriamo accada all’uomo, trovare una nuova consapevolezza, una nuova coscienza che salvi e cambi il proseguo dell’esistenza umana sulla terra, con la visione del cambiamento a partire da noi stessi.
(Raoul Moretti)
Peter Gabriel è un artista che entrambi amiamo. Quando ho proposto a Beppe di rendergli omaggio, visto anche il suo legame speciale con la Sardegna, dove spesso risiede, ho fatto ascoltare questo brano meno noto, contenuto nell’album Us. Il suo testo lo portavo scritto sullo zaino al liceo, ed era la perfetta conclusione del nostro lavoro. Il coinvolgimento della vocalità di Lrenzo Pierobon, delle chitarre di Massimo Cossu, dell’elettronica di Federico Canu e delle voci dei Tenores di Bitti Remunnu ‘e Loco che proprio la Real World di Peter gabriel aveva portato alla ribalta internazionale è stata la prfetta sintesi.