– di Giuditta Granatelli –
È uscita a gennaio la riedizione di Gemelli, il più recente album di Ernia pubblicato lo scorso giugno, che conta anche il remix di “Ferma a guardare” con la collaborazione dei Pinguini Tattici Nucleari. Un disco all’insegna del dualismo e il cui titolo riflette, come dichiarato dal cantautore stesso, il concetto di “doppia anima”, di espressione del sé non in quanto entità singola, bensì multiforme.
Tanto ammirevole questa capacità del cantautore milanese di essere “Così ignorante dentro un pezzo / Invece così acculturato dentro quello dopo” (come rappa in “Disgusting”, dall’album 68), quanto quella di pubblicare un album (quasi) dopo l’altro e al contempo di seguire un interessantissimo filone generale, senza rischiare di ripetersi e senza timori o troppe banalità, anche in un periodo difficile per il settore artistico come quello rappresentato dagli ultimi anni.
Un’ascoltatrice o un ascoltatore attento si rende facilmente conto, infatti, di come questa specularità tra i brani sia presente in tutti i suoi album. Nel recente Gemelli, ad esempio, abbiamo “Vivo”, che sembra opporsi a “Non me ne frega un cazzo”, così come in 68 compaiono “Tosse” e “Sigarette” (relativamente sottotitolati, per l’appunto, “La fine” e “L’inizio”.
Tuttavia questo personaggio duale, vario, che l’album comunica con una certa intensità espressiva, anche attraverso ammirevoli giochi di similitudini e metafore, non risulta completamente convincente. Innanzitutto perché il lato più profondo e sentimentale del cantautore, che dovrebbe emergere in alcuni brani, se in pezzi come “Cigni” riesce a essere, a tratti, autentico, in altri, come “Superclassico”, crea nella mente di chi ascolta più che altro un’estetica da pubblicità dell’Algida, una scena di un film in stile “estate italiana”. Si avverte il retrogusto di una sorta di patetismo, forse anche un po’ da parrocchia, che stona decisamente con questa figura da dandy un po’ ribelle e un po’ tormentato che Ernia si è creato e che esprime ottimamente, piuttosto, attraverso pezzi come “Bugie” o “U2”. Alla fine preferisco il personaggio che si racconta, che parla delle “stronzate” fatte da ragazzo e di un’adolescenza che vorrebbe cancellare, delle sue esperienze di vita che, poi, non sono tanto diverse da quelle degli altri, ma che tali rimangono.
Personaggio che, in fondo, è il “vero” Ernia, che in questo modo mostra davvero le sfaccettature della sua persona. Che nonostante le sue contraddizioni (apprezza davvero la letteratura, l’arte, o gli piace solo inserire qualche citazione per darsi un tono, perché “fa tipo”?) apprezzo moltissimo e che funziona. E funziona perché, in fondo, non è diverso dagli altri ragazzi di QT8, quartiere di Milano dove sono cresciuta anch’io e che conosco bene, che per lo più vivono in villette e provengono da famiglie più o meno benestanti, ma poi si confrontano, anche solo attraversando la strada, con l’altro volto del quartiere, fatto di spaccio, degrado e sfruttamento della prostituzione o anche semplicemente con l’apatia dei coetanei, che viene colmata da espedienti fini a se stessi o dall’uso di alcool e droghe.
L’ascoltatrice e l’ascoltatore medio, alla fine, sono stanchi di sentire canzoni rap che celebrano una “street culture” fatta di un passato di fame che in fin dei conti è estraneo alla stragrande maggioranza dei cittadini milanesi, per rimanere nella città natale del cantautore, e sono molto più vicini a un ragazzo come Ernia, che prende 60 alla maturità e lascia l’università, che si vanta del numero di ragazze con cui è stato e che si è perso per il gusto di perdersi, alla fine, perché “faceva figo” rubare in Autogrill o “mettersi in bocca qualsiasi cosa”, come racconta ad Antonio Dikele Ditefano per Esse Magazine.
Ernia reinventa la solita “street credibility”, che di credibilità ormai ne ha ben poca, e ne inventa una sua. Paradossalmente più realistica, in cui molti giovani di oggi si possono rivedere. Per cui bravo, Ernia. Non sei speciale e forse neanche tanto profondo, né tantomeno ti distingui dagli altri perché non hai mai parlato di soldi, ma sei furbo e Gemelli racconta bene il personaggio che ti sei costruito, che è innovativo, nel suo genere. Ricordati solo che non hai bisogno di esperimenti simil- pop commerciali: tolgono qualcosa al tuo stile.