Esce oggi venerdì 19 marzo 2021 Astronave Madre, il nuovo album di Calvino, già anticipato dalla title-track e i singoli “Che male c’è”, “E tu” e “Saturno”. Questo disco segna finalmente il ritorno di uno dei progetti più promettenti della scena milanese.
Calvino offre un vero e proprio filtro sulla realtà descrivendo un mondo accogliente che percepiamo fin da subito come estremamente familiare: una sovversione pacifica, per tornare finalmente a casa. L’Astronave Madre è quell’angolo di cosmo, al termine di un infinito viaggio interstellare, dove possiamo sentirci finalmente a casa. Una sensazione a cui aspirare, che prescinde ogni luogo e tempo.
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere Niccolò Lavelli.
Astronave Madre descrive un po’ quella sensazione che abbiamo quando vogliamo fuggire, magari a prenderci un caffellatte nello spazio? A cosa pensavi quando l’hai scritto?
Astronave Madre è una sensazione di liberazione e sollievo che unisce la sensazione della partenza e della fuga con quella del ritorno a casa. E’ un ritorno a se stessi dopo un lungo periodo di tempo nel quale non ci si riconosceva più.
Com’è Romano di Lombardia? E come sono stati i tuoi anni là?
Romano è un paese molto bello e antico nella bassa bergamasca. I miei anni a Romano sono stati i primissimi della mia vita e di quel periodo ho solo dei vaghi ricordi, il viale che portava alla casa dove vivevo, una maestra d’asilo, alcune vaghe immagini della casa. Quando avevo quattro anni ci siamo trasferiti nella periferia di Milano. Tutto è cambiato e sono dovuto cambiare anche io.
Come hai conosciuto Tommaso Spinelli e Marco Giacomini?
Marco e Tommi sono arrivati per arrangiare e portare in tour il live del disco Gli elefanti. Da quel tour è nato un rapporto artistico che si è poi trasformato in un’amicizia. E’ stato quindi naturale in seguito lavorare insieme al nuovo disco.
Colpisce molto “La bambina cinese”; ci spieghi il titolo?
La maggior parte dei brani del disco sono stati scritti in un periodo in cui vivevo in via Paolo Sarpi a Milano, conosciuta anche come Chinatown. La bambina cinese è un modo per descrivere il mio rapporto di quel tempo con il femminile: una lingua incomprensibile e lontana.
Passeranno altri cinque anni prima di ritrovarti con un nuovo album?
Chi può dirlo, la risposta non dipende completamente da me. Fare un disco è un processo che richiede un’enormità di energie e si deve affrontare solo se si sente una forte esigenza di dire qualcosa, altrimenti rischia di essere un’esperienza frustrante e avvilente.
Sicuramente penso che in un prossimo disco cercherò molta più immediatezza tra scrittura e registrazione, cosa che questo disco invece non poteva permettersi.