– di Martina Rossato –
Contenta tu è l’album di esordio di Marco Castello. Il giovane cantautore e polistrumentista siracusano, in dieci canzoni, parla della sua città, di nostalgia, di amore e di malinconia. L’album, registrato presso il Butterama Studio di Berlino, è stato prodotto insieme a Marcin Öz e al produttore e compositore Daniel Nentwig.
È il racconto di un ricordo, che sembra ormai lontano e quasi sbiadito, a partire dall’infanzia di Castello. La prima traccia, Porsi, con la sua melodia semplice, ci riporta a sederci tra i banchi di scuola. Sembra quasi di sentire ancora quel flautino stonato con cui suonavamo l’Inno alla gioia alle recite di fine anno. Il brano caratterizza subito l’album, che con i suoi toni leggeri e ironici (basti pensare al primo verso: “Mi hai disegnato un cazzo sul diario, con le orecchie di coniglio e due occhi grandi”) si prospetta fin dal primo pezzo come un album sincero e mai banale, che parla di esperienze di vita vera.
La nostalgia non è rivolta solo agli anni di scuola, ma è come se Castello prendesse per mano chi lo ascolta, portandolo a spasso tra i racconti del suo primo amore, degli anni da fuorisede e infine del suo ritorno a casa. Marco Castello si è infatti laureato in tromba jazz a Milano. Non a caso il suo album è un raffinato un mix di jazz, funk e pop, con forti rimandi ai grandi della canzone italiana, come Battisti e Pino Daniele. In Addiu, che è una sorta di ritorno a casa del cantautore, è ben evidente anche il richiamo alla tradizione della sua città (il brano è interamente in dialetto).
Si tratta di un album che sa equilibrare bene generi e umori diversi. Momenti di spensieratezza si alternano abilmente a momenti meno allegri e più pacati; come in Luca, dai toni calmi e quasi rassegnati. “Perché mi fisso a fare cose che non so, senza sapere neanche dove cominciare? Di certo riuscirò”, un anelito pronunciato nei confronti di una vita sempre piena di tante cose da sbrigare, ma dove c’è sempre meno spazio per l’amore. Tra una traccia e l’altra vi è comunque un continuum melodico che amalgama l’alternarsi dei due mood.
L’ultima traccia è Dopamina: “Faccio pietà che i cani morti mi danno le pacche di solidarietà”. Uno sguardo ironico e grottesco al futuro, che viene descritto in termini pessimistici, ben celati dietro le note di una melodia allegra. Ancora una volta Marco si dimostra poliedrico e bravissimo a coniugare tutte le sue sfaccettature in un’unica canzone.